Parafrasando quel genio di Checco Zalone, ad essere usciti vincitori da un anno di pandemia ci sono solo quelli che definiva “posti fissi”, ovvero i dipendenti pubblici. A cui il governo – nonostante il tandem Draghi – Brunetta non sia famoso per essere particolarmente propenso a sostenere l’atteggiamento “rilassato” della nostra burocrazia – ha appena concesso un aumento consistente, 107 euro in busta paga. Lo meritavano davvero? Chi lo sa. Qualcuno dice che da quando i posti fissi sono a casa, in smart working, non fanno niente, o quasi. Quel che è certo è che la macchina amministrativa in questi tempi di guerra per il governo tecnico è essenziale. Certo gli imprenditori che tremano all’idea di un nuovo lockdown staranno masticando amaro e ne hanno ben donde.

L’aumento agli statali è il perno su cui si incardina il primo passo della riforma del sistema pubblico affidato al Ministro Renato Brunetta: un “patto” secondo cui coesione sociale e creazione di buona occupazione saranno i pilastri di ogni riforma e di ogni investimento pubblico previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Nello specifico – scrive oggi Michelangelo Borrillo sul Corriere.it –, gli obiettivi sono quattro: riconoscere alla Pubblica amministrazione il ruolo centrale di motore di sviluppo e catalizzatore della ripresa perché la semplificazione dei processi e un massiccio investimento in capitale umano sono strumenti indispensabili per attenuare le disparità storiche del Paese, curare le ferite causate dalla pandemia e offrire risposte ai cittadini adeguate ai bisogni. In secondo luogo, assicurare la partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori nell’innovazione dei settori pubblici, sostenuta dagli investimenti in digitalizzazione e avviare, inoltre, una nuova stagione di relazioni sindacali che punti sul confronto con le organizzazioni delle lavoratrici e dei lavoratori e porti a compimento i rinnovi contrattuali del triennio 2019-2021.”

Valorizzare, infine, il personale pubblico in servizio e stabilire il diritto-dovere soggettivo di ogni pubblico dipendente alla formazione. Il personale pubblico, quindi, va valorizzato, spiega ancora il Corriere della Sera. E su questo Draghi, che ha fornito anche dei numeri, è stato chiaro: «A fronte della centralità del settore pubblico, con riferimento alla situazione attuale, c’è veramente molto da fare. Partiamo da due numeri: l’età media oggi dei dipendenti pubblici è di quasi 51 anni, mentre venti anni fa era di 43 anni e mezzo. Dal punto di vista demografico, quindi, per ragioni che trovano la loro radice in eventi anche lontani, c’è stato un progressivo indebolimento della struttura demografica della pubblica amministrazione».

“Anche per questo il governo emanerà in tempi brevi gli atti di indirizzo all’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni) per il riavvio della stagione contrattuale: i rinnovi interessano 3,2 milioni di dipendenti pubblici per un aumento medio di circa 107 euro. Con l’importante novità che saltano i limiti indicati nel 2017 ai premi di produttività nella Pubblica amministrazione – conclude Borrillo –. Nei futuri contratti collettivi nazionali del pubblico impiego, inoltre, sarà definita una disciplina normativa ed economica del lavoro agile (smart working) che superi l’attuale assetto emergenziale garantendo condizioni di lavoro trasparenti e conciliando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con quelle delle pubbliche amministrazioni. «Il confronto in sede Aran — si legge nel patto firmato tra le parti — sarà l’occasione per definire le linee di intervento sullo smart working perché si eviti una iper regolamentazione legislativa e vi sia più spazio per la contrattazione di adattare alle esigenze delle diverse funzioni queste nuove forme di lavoro che, laddove ben organizzate, hanno consentito la continuità di importanti servizi pubblici anche durante la fase pandemica».”

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