Tassi sottozero, economie paralizzate dal Coronavirus e un’ondata di disoccupazione che potrebbe travolgerci nel 2021. In questo scenario le banche centrali sembrano aver finalmente dimenticato l’incubo inflazione. Che, però, potrebbe tornare prepotente, come ha spiegato Martin Wolf sulle pagine del Financial Times.

“Stiamo per entrare in una nuova era di inflazione inaspettatamente alta, invece dell’inflazione al di sotto dell’obiettivo a cui siamo abituati? Molti respingono questo punto di vista. Ma il ragazzo che gridava al lupo aveva ragione l’ultima volta – scrive la redazione di Start Magazine – . Un libro appena uscito afferma che, come risultato dell’odierna generosità fiscale e monetaria, “come all’indomani di molte guerre, ci sarà un’impennata dell’inflazione, molto probabilmente superiore al 5 per cento, o addirittura dell’ordine del 10 per cento nel 2021”. Questo cambierebbe tutto – scrive Martin Wolf sul FT.”

La previsione viene da The Great Demographic Reversal di Charles Goodhart, uno stimato accademico, e Manoj Pradhan, già alla Morgan Stanley, aggiunge Start Magazine. Le loro profezie di un’imminente catastrofe inflazionistica sarebbe in realtà meno significativa del loro quadro analitico. Questi autori sostengono che l’economia mondiale sta per cambiare i regimi. L’ultima volta che questo è successo è stato negli anni Ottanta. I grandi cambiamenti di quattro decenni fa non erano tanto il desiderio di portare l’inflazione sotto controllo, quanto la globalizzazione e l’ingresso della Cina nell’economia mondiale. Quell’epoca, sostengono, che era un’epoca di bassa inflazione e di alto, crescente indebitamento, sta ora finendo. Presto ne seguirà l’inverso.

La globalizzazione, spiega la redazione di Start Magazine, è sotto attacco e nessun’altra economia può replicare quello che ha fatto la Cina. L’invecchiamento della popolazione colpisce la crescita della forza lavoro e aggrava le pressioni fiscali. Non da ultimo, affermano che, poiché il numero dei consumatori aumenta rispetto a quello dei produttori, la pressione inflazionistica aumenterà. Inoltre, man mano che la forza lavoro si riduce e la globalizzazione si indebolisce, il potere di mercato del lavoro riemergerà, esacerbando queste pressioni inflazionistiche.

Questi cambiamenti, aggiungono, creeranno enormi dilemmi politici, soprattutto se si considerano i bilanci estesi dei governi e delle società non finanziarie. Se il rapporto tra disoccupazione e inflazione dovesse cambiare in modo così negativo come suggeriscono gli autori, le banche centrali si irrigidirebbero quanto necessario per contenere l’inflazione? Come gestirebbero le autorità le ondate di inadempienze? Come riporterebbero i governi sotto controllo i loro deficit in un mondo di crescita strutturalmente bassa (in parte a causa dell’invecchiamento della popolazione), di tassi di interesse più elevati e di pressioni per aumentare la spesa? Se non lo facessero, le banche centrali continuerebbero a stampare denaro o permetterebbero l’insolvenza nazionale? In breve, ci troviamo di fronte a una ripetizione degli anni ’70, in circostanze peggiori?

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