Passata l’ubriacatura per gli europei, la preoccupazione ora torna sul Covid. Già perché è ormai chiaro che la variante Delta diventerà dominante in Italia e in Europa. E, quel che è peggio, si è scoperto che il vaccino Pfizer potrebbe coprire solo per il 64% sulla trasmissione del virus quanti hanno completato il ciclo vaccinale (anche se chi è vaccinato risulterebbe quasi al 100% al riparo da forme gravi del virus). In più, al momento, in Italia manca ancora all’appello una fetta importante della popolazione, restia a vaccinarsi. Col risultato che, secondo alcune stime, a ottobre potremmo ritrovarci con 11mila contagiati giornalieri e il rischio di un nuovo lockdown.

L’Italia, come la stragrande maggioranza dei Paesi sviluppati, punta tutto sui vaccini per accelerare il ritorno alla normalità e far ripartire l’economia. C’è una variabile che, però, rischia di sparigliare le carte: si chiama variante delta – o indiana –: è un ceppo del virus in grado di aggredire con maggiore virulenza anche i soggetti già vaccinati. A Londra – e in UK – ha già obbligato il Governo a rimandare la riapertura totale di almeno un mese. Se dovesse diventare dominante in tutta Europa, a settembre, rischiamo di ritrovarci daccapo. A quel punto l’economia globale difficilmente potrebbe farcela.

“La variante delta, o indiana, ora spaventa la Gran Bretagna – scriveva qualche giorno fa il quotidiano La Repubblica –. Più contagiosa del 40-60% rispetto a quella inglese, che a sua volta superava del 50% il ceppo della scorsa primavera, rappresenta ormai il 91% dei casi in Inghilterra. A lei è legata la nuova ondata – tra 7mila e 8mila casi giornalieri, mai così tanti da febbraio – che sta frenando le riaperture in Inghilterra e ha costretto tra l’altro gli alunni a rimettere le mascherine a scuola: erano state tolte a maggio.”

Secondo Repubblica, come per la variante inglese, diffusa da settembre, diventata allarmante a Natale, il timore dell’indiana è che sia più trasmissibile fra bambini e adolescenti. Ma non ci sono prove, così come non ce ne sono state per l’inglese. Né esistono evidenze che la delta provochi sintomi più gravi. La sua letalità sembra essere attorno all’1%, più o meno al livello degli altri ceppi. A spaventare, in Gran Bretagna, sono stati 12 decessi di persone immunizzate da tempo con entrambe le iniezioni. Uno studio di laboratorio, sempre britannico, ha osservato che gli anticorpi nel sangue dei vaccinati, di fronte al nuovo ceppo, hanno un’efficacia 5,8 volte inferiore rispetto al ceppo inglese. Una dose di Pfizer offre una protezione che è solo del 33%. Bisogna avere due dosi per raggiungere un buon livello: oltre il 70%, ma comunque inferiore rispetto al 95% osservato nelle sperimentazioni svolte negli Stati Uniti prima dell’arrivo delle varianti d’autunno.

Il ritorno dei contagi in un paese che ha comunque vaccinato con una dose il 62% della sua popolazione ha messo sotto accusa la scelta di Londra di estendere il più possibile la platea degli immunizzati con una dose, al prezzo di ritardare i richiami. Un vaccinato su tre è ancora in attesa della seconda puntura. Londra, nel frattempo, è tornata sui suoi passi, cercando nelle ultime settimane di accelerare con i richiami. Il grande rischio, a questo punto, è che la variante delta si diffonda nel corso dell’estate, per poi esplodere con l’autunno, costringendo i governi a riattivare misure di lockdown. Sarebbe un bel problema per l’economia globale, che difficilmente reggerebbe a un altro anno di chiusure.

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