Oggi presentiamo una di quelle notizie che la stampa mainstream tende a snobbare, per puntare tutto sui soliti bollettini dedicati al Covid. Banca D’Italia ha appena pubblicato uno studio shock – nel “Alcune valutazioni sul probabile impatto demografico della crisi Covid-19” – in cui si prova a stimar l’impatto della crisi economica da Covid-19 sulla demografia italiana e, di conseguenza, sulla crescita del Pil nel lungo periodo. In sintesi: da qui al 2065 l’Italia potrebbe ritrovarsi con una popolazione ridotta di oltre 3 milioni e mezzo di persone.

“Ad ogni aumento della disoccupazione di un punto corrisponde la riduzione della natalità di un quarto di punto e dell’immigrazione netta di oltre due punti – scrive Gianmaria Vianova su Ateneoweb –. A causa della crisi economica legata al Covid la popolazione italiana in età lavorativa nel 2065 sarà inferiore di 1,6-3,4 milioni rispetto allo scenario base (senza pandemia), con minore crescita del Pil del 17-27%. Sono queste le previsioni shock pubblicate da Banca d’Italia nell’occasional paper “Alcune valutazioni sul probabile impatto demografico della crisi Covid-19”. Nello studio, gli autori Giacomo Caracciolo, Salvatore Lo Bello e Dario Pellegrino avanzano una stima dell’impatto della crisi economica da Covid-19 sulla demografia italiana e, di conseguenza, sulla crescita del Pil nel lungo periodo.”

Gli autori hanno utilizzato una regressione lineare, mettendo in relazione il tasso di disoccupazione e di natalità italiani nel periodo compreso tra il 1980 e il 2019. Dall’operazione emerge che “in media, un aumento di 1 per cento nel tasso di disoccupazione contemporaneo è associato ad una riduzione di circa 0,22-0,24 per cento nel tasso di natalità” e che “La relazione stimata, coerentemente con i risultati noti della letteratura, è negativa e statisticamente significativa”.

Nelle conclusioni l’analisi giunge a stimare che da qui al 2065 la crisi economica ridurrà la popolazione in età lavorativa di un numero compreso tra l’1,6 e i 3,4 milioni di unità. Citando lo studio: “Nel 2065 il calo […] sarebbe di circa 1,6-3,4 milioni superiore rispetto alle proiezioni Istat precedenti alla pandemia, che già segnalavano un arretramento atteso di questa popolazione di circa 9 milioni. Il calo delle dinamiche migratorie sarebbe responsabile di circa la metà degli effetti aggregati stimati. Inoltre, l’effetto della crisi pandemica sulle migrazioni si manifesterebbe nell’immediato, mentre il calo della natalità inizierebbe a produrre effetti tangibili solo a partire dal 2035”.

Una simile contrazione della popolazione in età lavorativa non potrà che avere un importante impatto sulla capacità produttiva italiana e, di conseguenza, sulla crescita economica potenziale: “Da un lato l’evoluzione demografica produrrà una forte spinta al ribasso sui livelli di prodotto: a parità di produttività del lavoro e nello scenario base di partecipazione, si stima che il calo della popolazione produrrebbe una contrazione del PIL nel 2065 stimata tra i 17 e i 27 punti percentuali, rispetto ai livelli del 2019”. Di questa grande riduzione della crescita l’impatto netto della demografia post-crisi Covid si attesterebbe in una forbice compresa tra i 4 e i 16 punti percentuali con una riduzione attesa del Pil pro capite compresa tra l’1 e il 2%.

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