Fino a qualche settimana fa era conosciuto solo da un circolo ristretto di esperti. Ora Olivier J. Blanchard, 64 anni, capo economista del Fondo monetario internazionale è diventato un personaggio da talk show.

È stato l’autore della prima abiura pubblica da parte del Fondo Monetario alla religione dell’austerità. In uno studio intitolato “Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers”, ha ammesso che l’overdose di rigore fa male all’economia.

Una conferma di quanto il Fmi a guida tecnica di Blanchard aveva già annunciato a ottobre. Erano nate conflagrazioni politiche non secondarie – il Portogallo che corre a ammorbidire i suoi obiettivi di bilancio proprio grazie alla nuova dottrina Blanchard – sia provocando incrinature nella Troika (Bce, Fmi e Commissione europea) e costringendo Bce e Commissione a sconfessare la sua analisi. Blanchard diventa così testimonial degli sviluppisti e di economisti radical.

L’economista francese non è nuovo a posizioni creative. I suoi contributi principali sono due: una modernizzazione del pensiero keynesiano e gli studi sulla disoccupazione in Europa. Ma gli interventi più gustosi sono quelli più “politici”, e  riguardano soprattutto la lotta alla religione del rigore. Blanchard nativo di Amiens, studente all’Università di Lilla, allievo e poi seguace dell’ex premier Lionel Jospin, fu chiamato al Fmi da Dominique Strauss-Kahn. È francese ma soprattutto americano, avendo ottenuto un dottorato al Mit di Boston, dove attualmente insegna Macroeconomia.

È un tenace avversario dell’austerità. Nel 2010, pubblicò insieme a Giovanni Dell’Ariccia, “Rethinking Macroeconomic Policy”, in cui sosteneva che in tempi di crisi si può barattare un po’ di inflazione per un po’ meno depressione e che è assurdo rimanere impiccati a un 2 per cento (il target scolpito nelle tavole di Francoforte), mentre sfondare quota 4 per cento non porterebbe alcuna catastrofe ma solo un po’ di Pil in più. Keynesismo in purezza, e una vera bomba atomica soprattutto perché proveniente da un esponente di una ditta che impone ricette lacrime e sangue in giro per il mondo. Ma Blanchard, nei suoi paper (e negli articoli su Libération) da sempre piccona l’ortodossia di Francoforte. Ha studiato con il governatore della Fed, Ben Bernanke, quello della Bce, Mario Draghi, e il premio nobel Paul Krugman.

In Italia è rimasta famosa un’intervista a Il Sole 24 ore del 1998 in lode di Antonio Fazio. C’era appena stata la crisi messicana del 1995-1996. Lo spread, allora tema per specialisti, era a quota 800. Fazio mise in atto una decisa politica monetaria restrittiva, intervenendo sui tassi ma anche sulle riserve bancarie, e attivandosi con una forte moral suasion sulle banche e sul Tesoro perché acquistassero titoli di stato. In un anno lo spread era sceso a 300 punti.

La Redazione

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