Massimo Gaggi, sulle pagine del Corriere della Sera, lunedì scorso ha intervistato Ian Bremmer, fondatore e capo di «Eurasia», principale centro Usa di ricerche sui rischi internazionali, che ha spiegato che quella con la Russia “Non è la Terza guerra mondiale, ma è la minaccia molto seria di un leader con le spalle al muro: stavolta ha sbagliato i calcoli, ma non può tornare indietro. E allora alza la posta. Credevamo che il mondo non avrebbe più rischiato un conflitto nucleare, che non ci sarebbero state più crisi come quella dei missili sovietici a Cuba. Invece siamo tornati al 1962”.
Nel corso dell’intervista Bremmer parla di Putin come di un leader appannato: “Sicuramente chi ha conosciuto il Putin calcolatore freddo ma lucido, oggi non lo riconosce. Effetto dei due anni di isolamento? È malato? Non lo sappiamo. Di certo non sembra più avere la capacità di analisi di un tempo. Credo che la sua reazione, l’allerta nucleare, abbia due motivi dietro i quali ci sono due suoi errori: da un lato la sottovalutazione della compattezza dell’Occidente e dell’efficacia delle sanzioni economiche che si stanno materializzando. La banca centrale russa rischia di non poter attingere alle sue riserve, il rublo crolla, la gente è in fila davanti ai Bancomat per ritirare i suoi soldi. Sono cose che dal suo bunker non aveva previsto e che lo spaventano. Il secondo fattore è la resistenza degli ucraini. Anche qui ha sbagliato i calcoli. Ma non può tornare indietro”.
Gaggi, nel corso dell’intervista, cerca di analizzare con Bremmer il tema delle sanzioni: sembravano inefficaci, invece hanno messo con le spalle al muro Putin. Al punto che ora bisogna trovare una “scala” per far scendere il leader russo dal ramo dell’albero sul quale si è arrampicato: “Adesso si tratta di non peggiorare le cose – spiega Bremmer –. La resistenza ucraina offre una possibilità. La Russia sta usando solo una parte delle truppe ammassate intorno all’Ucraina. Ha la forza militare di chiudere la partita, ma dovrebbe fare un massacro a Kiev e nelle altre città: decine di migliaia di civili morti e dopo sarebbe davvero impossibile negoziare. Sarebbe come aver usato l’arma nucleare. Rischiamo di finire in una strada senza ritorno. Torniamo alle sanzioni. Perché si adottano? In Iran volevamo far cadere il regime degli ayatollah. Non ci siamo riusciti, ma quello era l’obiettivo. Vogliamo fare cadere Putin? Lui sa di essere il bersaglio ed è pronto a giocare anche carte estreme”.
Per evitare una reazione scomposta di Putin, Bremmer suggerisce di concedere qualcosa “che consenta al presidente russo di fare un passo indietro senza perdere la faccia davanti al suo popolo. Nel 1962 i sovietici portarono via i loro missili: una vittoria americana, ma ai capi del Cremlino fu lasciata la possibilità di dire alla loro gente che, in cambio dei ritiro da Cuba, l’Urss aveva ottenuto dagli Stati Uniti la rimozione dei missili Jupiter basati in Turchia. Erano ordigni vecchi. andavano ritirati comunque. Ma bastò quello.”













