Siamo a fine giugno, si sta per chiudere il primo semestre dell’anno e, con esso, la prima delle due tranche annuali del programma “Cashback”, l’iniziativa messa in campo dal Governo per incentivare i pagamenti non in contante attraverso un sistema di restituzione in denaro di una percentuale di quanto pagato cashless, nell’arco di un semestre. Draghi, pare, non la ami: costa troppo e i rimborsi privilegiano troppo i “ricchi” del Centro-Nord. Ultimamente, poi, si sta scoprendo che il programma sta creando una vera e propria generazione di ludopatici, che puntano al superpremio di 1500 euro dovuto ai 100mila utenti che riescono a registrare il maggior numero di transazioni in un semestre.

Qualche tempo fa, sulla testata online “Open” fondata da Enrico Mentana, si raccontava la storia di Marco, un iscritto al programma che si è visto stravolgere la vita dall’ossessione di raggiungere il superpremio: “Da gennaio a oggi, Marco ha totalizzato quasi 500 transazioni, con una media giornaliera costante – scrive Felice Florio su Open –. Il punto è che, avvicinandosi il super cashback alla scadenza, chi è tra i 100mila consumatori che hanno strisciato più volte la propria carta sta aumentando la quantità di pagamenti per consolidare la posizione in classifica. «Il meccanismo su cui si basa il cashback non ha senso – ammette Marco -. Dovrebbero essere squalificati i furbetti che fanno dieci transazioni al benzinaio in un’ora. Ho visto con i miei occhi una persona erogare tre centesimi di benzina. Tre centesimi». Si lamenta quasi non realizzando che anche la sua strategia è simile.”

Marco, spiega Florio, spera di riuscire a reggere il ritmo di transazioni con carta per vincere, il 30 giugno, i 1500 euro previsti. Da qualche settimana, però, l’iniziativa del governo nata per incentivare i pagamenti tracciabili si è trasformata in una corsa a chi fa più transazioni: rifornimenti di un euro di benzina, un caffè dopo l’altro e spese al supermercato frazionate. «Anch’io cerco di fermarmi nelle stazioni di servizio che incontro per mettere un euro di benzina nel serbatoio dell’auto», racconta Marco. «Al supermercato compro il necessario per la giornata, così all’indomani sono costretto a tornarci per prendere altro. Magari se c’è un negozio di casalinghi vicino al supermercato, vado lì a comprare lo scottex, così ho la doppia transazione».

«Adesso che mi ritrovo alla fine di questa gara con 90mila persone che strisciano la carta più volte al giorno di me, superando la dozzina di transazioni quotidiane, mi rendo conto che tutto questo sistema mi ha reso più consumista. Ma la cosa che mi dispiace particolarmente è che, per guadagnare 1.500 euro – l’equivalente di uno stipendio medio mensile -, ho investito davvero un sacco di tempo. Tempo speso spendendo». Marco ha già deciso che non parteciperà alla seconda edizione del super cashback – quella che dovrebbe durare da luglio a dicembre – e che spera di riuscire a frenare l’abitudine all’acquisto spasmodico. «Non formulerei una diagnosi da gioco d’azzardo – spiega Maria Alessia Monteleone, psicologa clinica -. Sicuramente, leggendo la storia di Marco, noto una modifica delle sue abitudini e i suoi nuovi comportamenti causano una riduzione della qualità della vita. Questo è uno dei parametri per l’attribuzione di una psicopatologia».

Insomma se il Cashback di Stato non sta producendo una generazione di ludopatici, poco ci manca. Per non parlare di quella quota di truffatori che se ne inventano di tutti i colori per salire in classifica. Domanda: perché il governo non prova a ragionare su misure serie per abbassare le tasse, invece di puntare su giochi legati alle carte di credito e su redditi di cittadinanza per tenere in piedi la baracca?

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