Il documento inviato all’Unione Europea per ottenere i fondi previsti dal Recovery Plan potrebbe essere bocciato da Bruxelles. Come ha spiegato Tommaso Monacelli, professore di Economia all’Università Bocconi di Milano, in un’analisi pubblicata dal quotidiano online Start Magazine, la seconda versione del testo italiano sembra un documento meramente politico, volto a salvaguardare solo gli equilibri di breve termine, che l’Unione potrebbe rimandare al mittente.
Secondo Monacelli il Recovery Plan italiano è una dettagliata declamazione di obiettivi generici sui quali nessuno potrebbe essere in disaccordo: green economy, sostenibilità ambientale, parità di genere, digitalizzazione, coesione sociale, riforma della pubblica amministrazione, potenziamento della ricerca. Ogni generico obiettivo è accompagnato da un’allocazione di risorse. Per esempio: tot miliardi per raggiungere la parità di genere, oppure la coesione sociale e la sostenibilità ambientale. Ma il piano è completamente scarno sugli strumenti. Per date risorse, esistono ovviamente molteplici strumenti per raggiungere ciascuno degli obiettivi. Per esempio, per favorire la parità di genere costruire più asili è diverso da promuovere nelle scuole superiori interventi che contrastino il pregiudizio nei confronti delle ragazze nelle materie Stem (science, technology, engineering, mathematics). La selezione di strumenti alternativi per raggiungere il medesimo obiettivo non è affatto neutrale.
Il testo italiano, secondo Monacelli, ha tre aspetti di grande debolezza: prima di tutto contiene molta politica e pochissima (o zero) analisi economica. In secondo luogo, non mostra alcuna consapevolezza del fatto che alcuni obiettivi possano essere in contraddizione tra loro. Terzo, nel proprio impianto il documento sembra non corrispondere a quanto tecnicamente richiesto dalla Commissione, perché non fornisce indicazioni sugli strumenti con cui raggiungere gli obiettivi. Per esempio, secondo le richieste della Commissione, non basta certamente indicare l’obiettivo di allocare tot miliardi per raggiungere la cosiddetta parità di genere. Bisogna tradurre questi obiettivi in “target” ben definiti.
“Per fare un altro esempio – spiega Monacelli –, il Recovery Plan contiene un cosiddetto “Piano nazionale borghi per la riqualificazione di luoghi identitari, periferie, parchi e giardini storici”. Al di là delle meritevoli intenzioni di tali obiettivi (chi non è favorevole a riqualificare le periferie e i nostri piccoli centri storici?), il testo è completamente silente sul come gli stessi obiettivi dovrebbero essere raggiunti. Restauro di monumenti? Centri sociali per i giovani? Soprattutto il Piano non specifica come quantificare il ritorno economico degli obiettivi, molto probabilmente perché farlo è estremamente complicato e arbitrario. Ma così facendo si dimentica ancora una volta che ogni progetto deve necessariamente accompagnarsi a obiettivi economici quantificabili. Maggiore occupazione giovanile? Creazione di nuove imprese? Senza una precisa specificazione del ritorno economico atteso, che consenta una verifica in corso d’opera, le risorse del Recovery Plan non verranno erogate e gli obiettivi di inclusione sociale e coesione territoriale rimarranno purtroppo lettera morta.”
“Il Recovery Plan è il più importante piano di politica economica degli ultimi trenta anni – conclude Monacelli –. La sensazione è che verrà fortemente rivisto su impulso della Commissione. È vero che rimane tempo fino ad aprile 2021. Ma una volta che il Piano sarà stato approvato, la sua realizzazione sarà piena di condizionalità, sotto le quali il paese rischia fra pochi anni di rimanere schiacciato. Una responsabilità grandissima nei confronti dell’Europa per il paese che è il massimo beneficiario dell’intero piano Next Generation EU.”













