Sale “l’indice della paura in Italia”. Che cos’è? Lo ha spiegato molto bene Vito Lops, la scorsa settimana, sulle pagine del Sole 24 Ore, in un articolo intitolato “Le famiglie italiane triplicano i risparmi. Perché è il vero ‘indice della paura’”. Gli italiani – complice il lockdown che riduce le occasioni di spesa e distrazione – nell’incertezza del Covid non spendono, ma così facendo la crisi non fa che peggiorare. La soluzione? La politica dovrebbe dare indicazioni chiare di cosa vuole fare nel Paese.
“Per misurare l’incertezza sui mercati finanziari gli esperti osservano l’andamento del Vix (altresì noto come indice della paura) che sintetizza la volatilità in Borsa. Più è alto più vuol dire che gli investitori sono confusi, incerti, fino ad arrivare (come accaduto lo scorso marzo quando il Vix ha superato gli 80 punti spostandosi ben oltre i livelli toccati nel 2008 dopo il fallimento di Lehman Brothers) a stati di panico collettivo – spiega Lops – Anche l’economia reale ha il suo indice Vix. Per capire quando le famiglie vedano nero sul futuro basta osservare il tasso di risparmio. Più è alto più vuol dire che la gente preferisce mettere fieno in cascina (in attesa di tempi migliori) preparandosi al peggio. I dati indicano che in Europa questo tasso è raddoppiato in sei mesi, portandosi al 24%. Ha avuto un picco oltre il 30% negli Usa ed è sostanzialmente triplicato in Gran Bretagna e in Italia.”
Al tasso di risparmio fanno da contraltare i consumi che vengono congelati, sospesi, rimandati durante le fasi di profonda incertezza scatenando effetti a cascata sull’offerta, spiega ancora Lops. Se la domanda cala anche l’offerta (per non avere magazzini pieni e inefficienti) pian piano si adegua al ribasso alimentando una spirale recessiva. Ed è per questa china che poi le imprese sono costrette a tagliare i posti di lavoro (aumenta il tasso di disoccupazione). Alla fine del cerchio il prodotto interno lordo cala, subendo gli effetti della sostituzione dei consumi in risparmi.
“Cosa ci racconta il “Vix delle famiglie” in Italia? A gennaio era al 7,9% (livelli pre-Covid praticamente statunitensi), a marzo è salito al 13,3% per poi balzare a metà anno al 18,6%. Lo shock nel rapporto di amore e odio tra consumi e risparmi si è quindi fatto sentire anche in Italia. Il dato, tuttavia, è più basso rispetto alla media europea (24%), quasi la metà dell’impressionante rilevazione analoga in Spagna (31,13%) e comunque inferiore a quello della virtuosa Germania (21,1%). Come mai? Vuol dire che gli italiani stanno spendendo di più? Vorremmo credere a questa suggestione ma in realtà la risposta è un’altra e va, ancora una volta, cercata nei numeri – conclude Lops – Fatto 100 il reddito delle famiglie nel 2001 in Germania, Francia, Spagna e Italia dopo circa 20 anni questo in termini reali (depurato cioè per l’effetto “corrosivo” dell’inflazione) si è trasformato in 126 in Francia, in 122 in Spagna, in 117 in Germania mentre è regredito a 99 in Italia. In sostanza dal 2000 le famiglie italiane si sono leggermente impoverite mentre le vicine europee si sono arricchite. Questo si è riflesso in un sostanziale e storico costante declino del tasso di risparmio, dimezzatosi dal 13% del 2002 al 7,9% di fine 2019. Calo dovuto non tanto al contestuale balzo dei consumi, quanto alla contrazione del potere d’acquisto. Questo spiega anche perché negli ultimi mesi, pur essendo aumentato, il tasso di risparmio delle famiglie italiane poggi su livelli più bassi rispetto ai vicini europei. Perché alla base c’è meno reddito da impiegare (nei consumi quando le cose vanno bene) e da destinare ai risparmi (quanto le cose si mettono male).”













