Draghi aveva detto che il 2021 sarebbe stato un anno in cui “non si chiedono soldi, si danno soldi”. Peccato che la realtà dei fatti (e dei numeri) dica ben altro: le entrate fiscali nel 2021 sono aumentate, tornando perfettamente al livello di quelle sperimentate durante il governo Conte. Come fa a risollevarsi un Paese in queste condizioni?
“I dati sulle entrate tributarie del periodo gennaio-settembre 2021, resi noti venerdì, offrono un quadro molto netto di queste scelte dei governi Conte 2 e Draghi, in perfetta continuità tra loro – scrive Giuseppe Liturri su Start Magazine –. Infatti, al Mef hanno registrato entrate per 341 miliardi, con un incremento del 12,3% rispetto allo stesso periodo del 2020. In particolare, imposte dirette e Iva hanno mostrato un incremento rispettivamente del 7,5% e del 22,6%. Un risultato lusinghiero per le casse dello Stato e deprimente per le tasche dei cittadini, se si considera che, nei primi tre trimestri del 2021, il PIL è aumentato del 6,3%.” Tuttavia il confronto con il 2020 è del tutto fuorviante, proprio a causa delle numerose sospensioni di versamenti avvenute nell’anno e, soprattutto, per il netto calo delle attività produttive e quindi delle basi imponibili. È normale che con la ripresa del 2021, si riscontrasse un incremento anche a doppia cifra. Il confronto più attendibile – che fornisce un’immagine più nitida del permanere di una pressione fiscale su livelli almeno inalterati rispetto al passato – è quello tra 2021 e 2019.
Nonostante il Pil 2021 sia ancora inferiore del 4,1% rispetto al 2019, le imposte dirette e l’Iva aumentano rispettivamente del 1,2% e del 5,9%, spiega Liturri. Per avere un’idea della differenza tra una dilazione e un vero e proprio taglio di tasse, è il caso di osservare quanto accaduto in Germania, dove dal 1 luglio al 31 dicembre 2020, l’aliquota Iva ordinaria è stata tagliata dal 19% al 16% (quella sugli alimentari dal 7% al 5%), con un costo per l’erario pari a circa 20 miliardi. L’impatto di questa manovra è stato calcolato dall’economista tedesco Clemens Fuest che ha rilevato come il 70% del taglio dell’Iva si stato trasferito (in termini di minori prezzi) dai commercianti ai consumatori finali che ne hanno approfittato per aumentare o anticipare i consumi. A gennaio 2021, l’aumento causato dal ripristino delle precedenti aliquote non è stato completamente trasferito sui prezzi finali, con evidente beneficio netto per i consumatori.
“L’ennesima conferma che a via XX Settembre abbiano tirato i remi in barca la si ottiene osservando il saldo eccezionalmente alto della liquidità detenuta dal Tesoro nel conto disponibilità presso la Banca d’Italia: al 31 ottobre siamo ancora a 92 miliardi, contro i 96 del 30 settembre. Proprio in conseguenza di questa significativa disponibilità, lo scorso 4 novembre il Tesoro ha riacquistato titoli pubblici per 5 miliardi, dopo averne riacquistato altri 4,7 a inizio maggio – conclude Liturri –. Davvero sorprendente, se si considera che siamo in “un anno in cui non si chiedono soldi, si danno soldi”, come dichiarò Draghi all’inizio del suo incarico.”













