La campagna elettorale sta per cominciare; mai come in questa occasione conteranno i programmi la capacità di cogliere l’essenza profonda dei bisogni degli elettori. Senza populismi, ovviamente, e senza raccontare favole, ma cercando almeno di fornire una speranza.
Nella consapevolezza che, comunque vada, l’appuntamento decisivo non sarà il nostro ma le elezioni tedesche che seguiranno di qualche mese. La svolta nella politica economica europea arriverà dopo quel voto. Solo allora si capirà come proseguire: se resterà ancora vincolante la politica di rigore e austerità di Angela Merkel oppure se ci sarà la svolta, che vinca o meno la SPD oggi all’opposizione.
Gli ultimi dati forniti dalla Bce disegnano un futuro piuttosto pesante, visto che tutte le previsioni sono state riviste al ribasso. L’Eurozona, complessivamente, avrà quest’anno una contrazione del Pil dello 0,5% contro lo 0,4% del calcolo precedente. Per il 2013 c’è un’indicazione negativa dello 0,3% contro un’espansione dello 0,5% ipotizzata qualche mese fa. La Germania non è più esente dal contagio. I dati sulla produzione industriale di ottobre mostrano un calo mensile del 2,6% (le aspettative di fermavano ad un ribasso dello 0,5%) e del 3,7% rispetto a ottobre 2011. Vuol dire che anche l’industria tedesca si sta spezzando in due: da una parte i formidabili successi dell’auto grazie ai nuovi ricchi che si trovano in tutti i Paesi di più recente sviluppo. Dall’altro la componente che non è riuscita a fare il salto ed è costretta a confrontarsi con le povertà del mercato europeo. Una dinamica non molto diversa dall’Italia: i grandi marchi internazionali del lusso che viaggiano a gonfie vele. Il resto che soffre. Ma se l’Italia non può vivere solo dei successi delle sue “griffe” altrettanto la Germania non può pensare di affidare il proprio futuro ai fabbricanti di automobili.
Ecco perché le prossime elezioni politiche nei due Paesi sono unite da un filo rosso molto più robusto di quanto non si creda. L’Italia andrà al voto con l’economia in caduta. La Germania con un sistema in frenata. In queste condizioni, sarà difficile anche per la signora Merkel ottenere un risultato positivo dalle urne.
Noi ci prepariamo all’appuntamento elettorale in condizioni difficilissime. Il Sole 24 Ore ha pubblicato una statistica di Federdistribuzione (la Confindustria dei supermarket) su domanda interna e risparmi. Nel 2012, rispetto al 2008 (anno di inizio della grande crisi) i consumi in Italia sono scesi del 2,6%. Peggio di noi (ovviamente) Grecia e Spagna. Soffrono Portogallo, Cipro e Olanda. Una spina, quest’ultima, particolarmente significativa, visto che i Paesi Bassi fanno parte del circolo dei virtuosi e sono una delle colonne portanti dell’euro. Anche fra i canali di Amsterdam il partito del rigore comincia a fare vittime.
Cadono anche i risparmi, tradizionale ricchezza degli italiani. Fino al 2008 eravamo capaci di economizzare più della media europea (15,7 contro 14,1%). Ora il rapporto si è invertito (11,9 contro 13%). Una conferma che il vero ammortizzatore sociale in Italia è la famiglia. Da almeno quattro anni (ma forse di più) sono le mura domestiche che si fanno carico dei problemi dei figli e della loro difficoltà di trovare lavoro. Bilanci e patrimoni, nel frattempo, si sono impoveriti. E il conto arriverà alle urne.
La Redazione
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(foto Flickr)













