Dopo la solita maratona notturna è stato raggiunto l’accordo “politico” all’interno dei Paesi Euro per il nuovo finanziamento alla Grecia. Sul tavolo altri 44 miliardi. Il conto del salvataggio ellenico diventa sempre più salato: secondo il Ceps (Center For European Policy) di Bruxelles il sostegno ad Atene è costato ai Paesi dell’area euro 313 miliardi (sessanta solo all’Italia). Se calcoliamo anche il taglio degli interessi messo a carico delle banche il totale sale a 372 miliardi: il 4% del Pil europeo e una volta e mezza il Pil greco (230 miliardi nel 2011).

Cosa significa tutto questo? Significa che se, per assurdo, i membri dell’Euroclub e le loro istituzioni finanziarie invece di investire in una complessa operazione di salvataggio dal risultato incerto avessero messo direttamente le banconote nel portafoglio dei cittadini greci, avrebbero sicuramente risparmiato. Ora arriva il nuovo sostegno che ha come vincolo l’obbligo di raggiungere un rapporto fra debito e Pil del 120% nel 2020.

Gli obblighi imposti sono quelli consueti: tagli di spesa, riduzioni delle pensioni, licenziamento di dipendenti pubblici. Ma siamo davvero sicuri che sia questa la strada? I numeri dicono chiaramente di no. Il debito greco è in continua crescita: raggiungerà il 190% del Pil quest’anno. E’ davvero credibile possa scendere al 120% fra sette anni? Dovrebbe diminuire di ben settanta punti in sette anni. Dieci l’anno? Ma davvero c’è qualcuno a Bruxelles o a Francoforte che lo pensa davvero possibile? In questo momento tutti gli indicatori raccontano una storia diversa. Dicono che il Pil della Grecia è in caduta libera. Probabilmente scenderà del 7% quest’anno portando al 25% il totale dall’inizio della crisi. La disoccupazione è salita al 25,4% con punte vicine al 40% fra i giovani. Vuol dire che circa un ragazzo su due ad Atene non ha ancora un lavoro. O lo ha perso.   Ma chi può pensare veramente che la continua politica di sacrifici possa favorire la ripresa? La Grecia è un Paese in progressivo impoverimento. Non ha più la forza, e forse nemmeno la voglia, di ricominciare. Certamente non saranno le nuove massicce dosi di austerità a dargli la carica. La permanenza nell’euro è imposta dai partner per non dare ai mercati segnali negativi. La popolazione è spaventata dai rischi legati al ritorno alla dracma. Così continua una deriva che sta portando Atene verso la catastrofe economica, politica e sociale.

Ma il conto sta diventando salato anche per i partner. Il debito greco ammonta attualmente a 355 miliardi di cui 290 in mano a Paesi europei. Fra gli accordi raggiunti l’altra notte a Bruxelles c’è anche il taglio del valore facciale  del 4% dei titoli greci detenuti dagli altri partner. Più o meno com’era avvenuto a primavera con i creditori privati. L’operazione, costerà circa 145 miliardi distribuiti in funzione di ciascun membro dell’eurozona: il peso maggiore, quindi ricadrà su Germania, Francia e Italia. Un salasso di queste dimensioni ha ancora un senso?

Ernesto Preatoni

(Foto Andrew Griffith) 

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