Lunedì scorso Save The Children ha pubblicato la XII edizione dell’Atlante dell’Infanzia, i risultati dell’osservatorio fanno venire i brividi: in 15 anni in Italia sono oltre 600mila minori in meno e un milione in più quelli in povertà assoluta con gli ultimi dieci anni caratterizzati da scarsi investimenti nell’istruzione, in particolare nei servizi alla prima infanzia e nel tempo pieno. L’arrivo della pandemia, poi, ha acuito la crisi educativa e le diseguaglianze economiche, sociali e geografiche in cui vivono i minori. A questo studio si aggiunge un secondo osservatorio, questa volta di Coldiretti, altrettanto preoccupante: salgono a 5,6 milioni gli italiani in condizioni di povertà assoluta che non possono permettersi pasti adeguati a causa del peggioramento delle condizioni economiche aggravato dalla pandemia Covid.
Fra i nuovi poveri, spiega Coldiretti, si contano quanti hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate dalle limitazioni rese necessarie dalla diffusione dei contagi per Covid. “Persone e famiglie che mai prima d’ora – scrive Coldiretti – avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche. Con la crisi un numero crescente di persone è stato costretto a far ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente ai pacchi alimentari, anche per le limitazioni rese necessarie dalla pandemia.”
Altrettanto drammatica la situazione sul fronte dei minori: in 15 anni, spiega Save The Children, in Italia la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. E nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente. Un debito demografico, economico e soprattutto un debito di investimento nelle generazioni più giovani: tra il 2010 e il 2016 la spesa per l’istruzione è stata tagliata di mezzo punto di PIL, e si è risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno, lasciando che, allo scoppio della pandemia, i divari e le disuguaglianze di opportunità spianassero la strada ad una crisi educativa senza precedenti.
Viene da chiedersi che prospettive abbia un Paese che fa registrare una situazione tanto drammatica.













