Il blog riparte, oggi, dopo la pausa natalizia. Ripartiamo oggi – con un qualche ritardo rispetto agli anni passati – perché abbiamo voluto prenderci il tempo per provare a capire cosa stesse succedendo nel nostro Paese. Il Covid, la crisi economica, quella di governo: da cosa riprendiamo a ragionare, insieme ai lettori, ci siamo chiesti. Ci tocca ammettere, non senza un certo grado di sconsolazione, che riprendiamo esattamente da dove avevamo lasciato: un Paese chiuso, con la fame sulla porta e una classe politica che litiga, invece di governare la nave in tempesta.

Siamo un Paese che non si smentisce mai. Siamo capaci di litigare su tutto, anche mentre il Paese, l’Europa e il mondo attraversano la peggiore crisi economica dal Secondo Dopoguerra. L’Italia sta attraversando la seconda ondata di Covid-19 e rischia di doverne affrontare una terza, ancora peggiore delle precedenti. Nel frattempo, il ministero della Sanità sembra aver totalmente rinunciato a controllare la curva epidemica con il contact tracing – che è totalmente saltato –: l’unica strategia è quella di chiudere tutto ogni qual volta l’epidemia rialza la testa, in attesa che la campagna vaccinale produca gli effetti sperati.

Nel frattempo, si sta aprendo una voragine tra chi percepisce uno stipendio fisso e – tutto sommato – abbastanza sicuro – in primis i dipendenti pubblici – e chi invece potrebbe, o meglio, vorrebbe produrre reddito: le imprese, gli imprenditori, gli autonomi. Esiste una larga cerchia di settori produttivi che sono letteralmente impossibilitati ad operare, che pregano per l’arrivo dei famosi ristori – infinitamente meno consistenti di quelli messi a disposizione dagli altri Paesi d’Europa, come la Germania – e che rischiano di andare, velocemente, a gambe all’aria.

Anche su questo fronte si tira a campare: si prolunga lo stato d’emergenza e, con esso, il blocco dei licenziamenti per mantenere la pace sociale. Palla in tribuna e poi ci pensiamo, si dicono a Roma. Dove, in questi giorni, pensano soprattutto alla cadrega, visto che il governo è ancora una volta in bilico e litiga perché la torta del Recovery Fund è bella grossa e tutti vogliono avere parte in commedia per decidere come spendere i denari di Ursula.

Una commedia imbarazzante, recitata da irresponsabili, se è vero che – come molti temono – la tenuta sociale del Paese è a rischio. Se le tensioni dovessero esplodere, per stanchezza e per fame, i rischio è che la commedia si trasformi in tragedia.

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