Secondo l’Istat ’inflazione si sta mangiando i progressi che l’economia aveva registrato nel 2021, anno di forte ripresa economica con il Pil salito del 6,6% dopo la batosta della pandemia. Un quadro che fa paura dal momento che i prezzi non hanno fatto altro che correre anche in questo primo scorcio di anno nuovo e che la componente energetica sta vivendo nuovi scossoni perché, dopo il caos Covid, è arrivata la guerra in Ucraina. A pagare, materialmente, le ricadute legate al conflitto sono, ancora una volta, i più deboli, anche in Italia.
Stando ai dati preliminari Istat, alla fine dello scorso anno le famiglie in povertà assoluta (ovvero impossibilitate a comprarsi un paniere di beni necessario per uno standard di vita “minimamente accettabile”) erano il 7,5%: oltre 1 milione e 950mila nuclei per 5 milioni e 600 mila persone (9,4% del totale). Numeri in linea con l’anno prima. La presenza di bimbi piccoli si conferma un elemento che aggrava la situazione economica delle famiglie: i minori in povertà assoluta sono 1 milione e 384mila, il 14,2% – stabile rispetto al 2020 ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019 – e l’incidenza di povertà assoluta è alta (11,5%) per le famiglie con almeno un figlio minore e nel caso di famiglie formate da coppie con 3 o più figli sale al 20%. Si aggrava anche la situazione nelle famiglie dove ci sono solo stranieri, con incidenza che sale pericolosamente verso una su tre (30,6% da 26,7%).
“Un quadro, si diceva, in cui aumentano i divari – scrive Raffaele Ricciardi sul sito del quotidiano Repubblica –. Innanzitutto geografici, con il Nord in miglioramento e il Sud che arranca. L’anno scorso c’erano 108mila famiglie e 301mila persone “povere assolute” in meno al Nord, rispetto al 2020. Invece al Sud i poveri sono saliti di 196mila unità, la povertà assoluta riguarda ora il 10% delle famiglie (dal 9,4% di prima). Stabile infine il Centro per quel che riguarda i nuclei, ma in crescita per gli individui (+75mila). Altra forbice che si allarga, quella tra famiglie più e meno abbienti. Non tutti i nuclei, infatti, spendono alla stessa maniera e per questo si usa una “spesa equivalente” per poter confrontare i livelli di spesa di famiglie di diversa ampiezza. La spesa equivalente è stata molto differenziata, l’anno scorso, andando “da +1,7% delle famiglie meno abbienti a +6,2% di quelle nell’ultimo quinto, in conseguenza del maggiore aumento dei capitoli che pesano di più sulla spesa delle famiglie più agiate.”
“Il caro-bollette e le conseguenze della crisi energetica sui prezzi al dettaglio – ha commentato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – iniziano a far sentire i propri effetti sui consumi degli italiani”. Anche l’Unione Nazionale Consumatori punta il dito sulle ripercussioni del “raddoppio delle fatture di luce e gas” sui consumi e avverte che la situazione “con l’effetto Ucraina e le speculazioni in corso sulle materie prime rischia di esplodere, compromettendo la ripresa in corso”. Tuttavia, la “notizia positiva” è che, per il momento si resta a livelli superiori a quelli pre-crisi, superando del 2,3% i valori pre-lockdown del febbraio 2020. Per Assoutenti il calo delle vendite al dettaglio è un “segnale allarmante” e chiede “subito prezzi calmierati per prodotti di prima necessità”.
Anche Federdistribuzione, conclude Ricciardi, guarda preoccupata ai dati: “I primi mesi del 2022 proseguono nell’incertezza: la crescita dell’inflazione e le preoccupazioni per gli eventi drammatici in Ucraina rischiano di pesare sulla fragile ripresa dei consumi interni, e minano la fiducia di famiglie e imprese, vanificando il sollievo per la regressione dei contagi”. E la Confcommercio già parla del “rischio di spegnersi” della ripresa italiana, uno scenario in cui “appare ottimistico anche un target al 3,9-4%” di crescita per l’anno in corso.













