Secondo il Centro studi di Confindustria l’Italia è ripartita: lo confermerebbe uno studio, presentato sabato 20 novembre, nel corso del convegno “La manifattura al tempo della pandemia: la ripresa e le sue incognite” con la partecipazione del ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, e del vice presidente per le filiere e le medie imprese di Confindustria, Maurizio Marchesini. Stando al report, dopo il brusco crollo registrato nel secondo bimestre del 2020, la manifattura italiana avrebbe messo il turbo e fatto da traino alla ripresa dell’Europa, mentre in Francia e in Germania il pieno riassorbimento del pesante impatto indotto dalla crisi pandemica sembra ancora lontano.

Come spiegava qualche giorno fa Celestina Dominelli, sulle pagine del Sole 24 Ore, il rapporto – illustrato dal direttore del CsC di Viale dell’Astronomia, Alessandro Fontana – mostrerebbe come la brillante performance della manifattura italiana sarebbe da ricondurre alla dinamica della componente interna della domanda. “Ed è stato questo tassello, sostenuto dalla spinta assicurata dalle misure messe in campo dal governo prima per supportare i redditi e poi per accompagnare la ripresa dell’economia, a garantire un apporto cruciale al rilancio della produzione nazionale – scrive Dominelli –. A documentarlo, come sottolinea la fotografia del Centro Studi di Confindustria, sono, tra l’altro, i numeri del fatturato interno che mostrano un incremento del 7 per cento a fronte del 2,8% di aumento per quello estero.

«Perseguiamo l’idea che nei prossimi 10 anni il rapporto tra gli investimenti e il Pil sia stabilmente oltre 3%, cosa che non registriamo dal 2008, cioè da prima delle crisi finanziarie», ha detto Giovannini commentando il documento. «Questo elemento di medio termine – ha spiegato il ministro – va tenuto in considerazione alla luce delle motivazioni che conducono le imprese a fare investimenti non solo in beni strumentali che incorporano innovazione, ma anche nella loro capacità autonoma di fare innovazione».”

«La pandemia è una sorta di bivio e bisogna guardare avanti. È stata un elemento di accelerazione di tante situazioni, a cominciare dalla digitalizzazione che ci ha condotti verso un uso diverso di tecnologie già esistenti che prima erano marginali e che adesso stiamo utilizzando in modo molto più profondo – ha evidenziato il vicepresidente per le filiere e le medie imprese Marchesini -. Questa digitalizzazione ha però creato ulteriori differenze tra le imprese, tra chi vi ha avuto accesso più facilmente e chi non ha beneficiato di questa possibilità. Come associazione, quindi, ma anche come governo è doverosa un’azione per allargare la conoscenza e la culturizzazione in questo senso».

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