Il Covid-19 non ha solo spiazzato il mondo con una pandemia inaspettata, a cui non eravamo pronti. Secondo la Banca Centrale Europea ha anche generato una crisi profondissima e inedita, che sarà caratterizzata da un tratto mai visto in precedenza: la ripresa che seguirà sarà probabilmente instabile e non lineare. Non ci saranno, quindi, certezze per gli investitori nei prossimi anni.

“La pandemia ha prodotto una recessione insolita e probabilmente genererà una ripresa instabile”. Cosi il numero uno della Bce, Christine Lagarde, ha definito, scriveva mercoledì scorso l’agenzia di stampa Agi, la situazione dell’Eurozona al Forum (virtuale) di Sintra, ricordando che il direttivo è pronto a “ricalibrare i propri strumenti”, al prossimo direttivo di dicembre e che la sfida che la banca centrale si trova di fronte “sarà traghettare l’economia “compensando i gap produttivi fino a quando vaccini saranno ben sviluppati e la ripresa potrà guadagnare slancio”.

Sempre secondo Agi, Lagarde ha gettato acqua sul fuoco sui facili ottimisti che sembrano aver contagiato i mercati alla notizia dei progressi del vaccino Pfizer. “Anche se le ultime notizie su un vaccino sembrano incoraggianti – ha detto – potremmo ancora dover affrontare cicli ricorrenti di accelerazione della diffusione virale e di restringimento delle restrizioni fino al raggiungimento di un’immunità diffusa”. “Quindi – ha aggiunto – il recupero potrebbe non essere lineare, ma piuttosto instabile”.

“In particolare, Lagarde mette in guardia dal rischio di “crowding-out”, ovvero di “spiazzamento”, col quale gli economisti intendono la riduzione della spesa privata (sia di investimento sia di consumo) a seguito di un aumento della spesa pubblica – aggiunge Agi –. “In primo luogo, mentre la politica fiscale è attiva nel sostenere l’economia, la politica monetaria deve ridurre al minimo gli effetti di ‘spiazzamento’ che potrebbero creare ricadute negative per famiglie e imprese”, ha detto Lagarde, entrando poi nel merito di questi rischi: “Le famiglie potrebbero avere più paura per il futuro e aumentare il loro risparmio precauzionale. Le imprese che sono sopravvissute fino ad ora aumentando l’indebitamento potrebbero decidere che rimanere aperte non ha più senso per gli affari”.”

 

Tutto ciò “potrebbe innescare un ‘moltiplicatore di uscita delle imprese’, in cui la chiusura di attività commerciali soggette a restrizioni sanitarie riduca la domanda di attività complementari, provocando a sua volta una riduzione della produzione di tali imprese”.

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