La Russia era stata data per spacciata – almeno a livello economico – alcuni giorni fa. Il mondo occidentale, infatti, aveva previsto che, a causa delle sanzioni, Putin non sarebbe stato in grado di pagare, questa settimana, le cedole su debito detenuto dagli investitori esteri e denominato in dollari. Di fatto, però, il default non è ancora avvenuto: la Russia sostiene di aver dato ordine di pagamento, ma i soldi non sono mai arrivati sui conti degli investitori.
“Gli investitori stanno aspettando di ricevere il pagamento di 117 milioni di dollari di cedole su due obbligazioni russe, i primi pagamenti di questo tipo da quando i paesi occidentali hanno risposto all’invasione dell’Ucraina del presidente Vladimir Putin con sanzioni finanziarie senza precedenti – spiega oggi Marco Sabella sulle pagine del sito del Corriere della Sera –. La scadenza, prevista per oggi, segna un test cruciale della volontà e della capacità di Mosca di continuare a servire il suo debito estero. Il 5 marzo, Putin ha detto che i creditori dei paesi «ostili» che hanno imposto sanzioni dovrebbero essere pagati in rubli piuttosto che in valuta estera. Ma secondo Fitch una tale «ridenominazione forzata» dei pagamenti delle cedole indicherebbe «che è iniziato un default o un processo simile al default». La società declasserebbe ulteriormente il rating di credito della Russia a «default limitato» se il pagamento non venisse effettuato in dollari entro il periodo di grazia di 30 giorni che segue la scadenza di oggi. Alcune delle obbligazioni russe denominate in dollari e in euro contengono una clausola di ripiego che permette il rimborso in rubli, ma le due obbligazioni con cedole in scadenza per oggi non sono tra queste.”
Gli investitori occidentali, spiega Sabella, si stanno preparando al default da quando il mese scorso sono state imposte sanzioni statunitensi ed europee contro la banca centrale russa. Le due obbligazioni che pagano le cedole oggi sono scambiate a un prezzo di meno di 30 centesimi di dollaro, anche se sono salite leggermente dai loro recenti minimi di circa 20 centesimi. Gli investitori occidentali, che detenevano circa 170 miliardi di dollari di attività russe prima dell’invasione, hanno già subito pesanti perdite. Un default sul debito estero della Russia – di cui circa 20 miliardi di dollari erano nelle mani di stranieri prima dell’invasione – solleverebbe anche domande sulla mole di debito in rubli del paese, e sui circa 90 miliardi di dollari di obbligazioni in valuta estera emesse da società russe. L’ultimo default sovrano della Russia risale al 1998 quando s’innescò la crisi finanziaria che portò quasi al crollo dell’hedge fund americano Long-Term Capital Management.
“Il pagamento «in valuta locale» delle cedole sugli Eurobond in dollari statunitensi della Russia rappresenterebbe «un default sovrano, alla scadenza del periodo di grazia di 30 giorni». Una «siffatta ridenominazione forzata» dei pagamenti sarebbe indicativa del fatto che «un default o un processo assimilabile al default è iniziato» – conclude Sabella –. Lo chiarisce l’agenzia di rating Fitch in una nota di commento sui potenziali eventi di default della Russia, ricordando che quelle in scadenza oggi sono le prime cedole in valuta estera dopo il decreto del 5 marzo di Putin che impone di pagare in rubli i creditori di Paesi che hanno sanzionato Mosca.”













