Lo Stato russo sarebbe, ancora una volta, a rischio di insolvenza. L’agenzia di reting Fitch ha, infatti, declassato il rating da B a C. Si tratterebbe di una sorta di “dichiarazione di insolvenza”, che potrebbe rendere irreversibile l’isolamento finanziario di Mosca, conseguenza delle sanzioni dell’Occidente seguite all’invasione dell’Ucraina. I mercati finanziari della Russia sono stati gettati nel caos sollevando notevoli preoccupazioni sulla loro capacità e volontà di onorare il debito. E ora, il rating C nella valutazione dell’agenzia di rating è solo un gradino sopra il default.

Come spiega oggi il sito del Corriere della Sera “Una settimana fa Fitch aveva spiegato che «le sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea che vietano qualsiasi transazione con la Banca centrale russa avrebbero avuto un impatto molto maggiore sui fondamentali del credito russo rispetto a qualsiasi sanzione precedente», rendendo gran parte delle riserve internazionali russe inutilizzabili per l’intervento in valuta estera. Nei giorni scorsi anche Moody’s aveva tagliato il rating sul debito sovrano declassandolo a Ca, ovvero un prossimo default con un outlook negativo. E si avvicinano le scadenze di due titoli sovrani in dollari che Mosca vorrebbe pagare ai creditori stranieri ma in rubli, un espediente che potrebbe non riuscire a evitare la dichiarazione di default.”

Intanto, come scriveva l’8 marzo il Corriere, sono tornati alla ribalta i credit default swap (derivati che — semplificando al massimo — sono delle polizze assicurative sulle obbligazioni per mettere al sicuro i creditori da eventuali insolvenze). I Cds sono un termometro che indica quanta febbre abbia il debito di istituzioni e aziende. E il 7 marzo quelli sui bond russi in dollari hanno fatto un bel balzo, dopo il decreto approvato dal presidente Vladimir Putin che consente di ripagare in rubli i creditori di obbligazioni in valuta estera. Un esempio numerico: a oggi i credit default swap che assicurano 10 milioni di dollari di debito russo per cinque anni costano circa 5,8 milioni di dollari in anticipo e 100 mila dollari all’anno, pari a un 80% di probabilità di insolvenza, secondo i dati Ice Data Services citati da Bloomberg. Una settimana fa bastavano 4 milioni, secondo la principale camera di compensazione per i Cds europei.

“Il decreto consente a Mosca di rimborsare in rubli i bond governativi russi denominati in valute estere nel caso in cui i titolari appartengano a Paesi che hanno sanzionato la Russia – conclude il Corriere della Sera –. Ma questo è quello che pensa Putin. Sul mercato valgono i contratti e i regolamenti e non tutti quelli dei bond in valuta estera prevedono questa possibilità. E quindi, in caso di pagamento in rubli non previsto dal contratto, si potrebbe verificare un «evento scatenante» in grado di innescare il default , che permette quindi ai titolari dei Cds di farsi rimborsare dalla loro controparte. Tra i bond che non consentono il pagamento in rubli ne figurano alcuni per cui, il prossimo 16 marzo, si attendono pagamenti di cedole per 117 milioni di dollari. Ma Gazprom, intanto, ha rimborsato ai propri obbligazionisti 1,3 miliardi di dollari per i bond in scadenza il 7 marzo. E i pagamenti sono stati fatti in dollari tramite società veicolo situate in Europa.”

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