L’aveva detto la scorsa settimana – nel corso del programma l’Aria che Tira – e scritto su Libero un mese fa il fondatore di questo blog, Ernesto Preatoni. E ora lo certifica un bel pezzo uscito da qualche giorno su Italia Oggi, firmato da Tino Oldani: la Troika è già in Italia. Non ufficialmente. Ma il nostro Paese non ce la potrà fare senza i soldi dell’Europa, il famoso recovery fund. E Bruxelles ha le idee molto chiare su cosa saremo obbligati a fare per vedere le banconote che tanto ci servono per non fallire.
“Quando il polverone mediatico degli Stati generali dell’economia si sarà diradato, siatene certi: sul tavolo resterà un solo elenco delle riforme che l’Italia dovrà fare, tassativamente, per ottenere gli aiuti del Recovery plan e quelli della Bce – scrive Oldani –. Quell’elenco non sarà quello con la firma di Vittorio Colao, né quello che, probabilmente, il premier Giuseppe Conte cercherà di vendere agli italiani nei tg della sera come una sua pensata esclusiva. A conferma del fatto che gli stati generali sono stati soltanto una passerella architettata dal premier per dare lustro alla propria immagine, quell’elenco c’è infatti da mesi e porta la firma della Commissione europea.”
L’elenco, spiega Oldani, è tutt’altro che segreto: lo può leggere chiunque sul sito ec.europa.eu, reca la data del 26 febbraio 2020, quindi prima del lockdown, ma a pandemia Covid-19 già proclamata: è il documento con cui la Commissione europea faceva il punto sull’Italia 2020. Il documento Ue afferma: «Non vi è stato invece nessun progresso per quanto riguarda: la riduzione del peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e la creazione di margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita; la rimozione delle restrizioni alla concorrenza anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza». Più avanti: “Poiché il debito pubblico italiano rimane un’importante fonte di vulnerabilità per l’economia”, il documento prima ne analizza le molteplici cause, per poi stilare cinque raccomandazioni perentorie sulle riforme da fare.
Tra queste, secondo Oldani, spiccano quelle indicate nella «Raccomandazione 1»: «Utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/pil; spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; contrastare l’evasione fiscale, in particolare nella forma dell’omessa fatturazione, potenziando i pagamenti elettronici obbligatori anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti; attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita».
In buona sostanza – conclude Oldani –, quello che l’Ue suggeriva all’Italia in febbraio era un programma di lacrime e sangue, ritenuto necessario per ridurre l’enorme debito pubblico. Una necessità che si riproporrà con maggiore forza appena l’emergenza Covid-19 sarà superata, visto che il debito pubblico salirà, se va bene, dal 136 al 160% del pil. Ma, se si eccettua la riduzione delle spese in contante da tremila a duemila euro per favorire i pagamenti elettronici, che partirà dal primo luglio, nessuno dei provvedimenti richiesti, soprattutto dei più dolorosi, è stato attuato dal governo Conte, tantomeno è stato oggetto di discussione negli stati generali.”













