Nessuno ha voglia di parlarne ad alta voce, ma da qualche giorno più di un sospetto si aggira tra le sale parlamentari e tra i corridoi delle redazioni dei giornali. In un Paese civile e democratico se una maggioranza eterogenea e stiracchiata come quella del Conte Bis salta, di solito si va a votare. Qui si fa di tutto per tirare a campare, invece. Perché? Qualcuno sembra temere che – in caso di elezioni – si possa formare un governo di centro destra poco gradito a Merkel e soci. Che potrebbero rimangiarsi le promesse sui sussidi destinati a sostenere il recupero post Covid.
In una Paese civile se il governo cade che si fa? Abbastanza facile. Si sciolgono le Camere e si va a votare. In Italia no. Con un governo Conte bis agonizzante – dopo che Matteo Renzi ha deciso di ritirare le ministre presenti nell’esecutivo –, dopo il passaggio alla Camera di ieri, oggi il premier si gioca tutto al Senato. Se la caverà? Chi può dirlo. E cosa accadrà nei prossimi giorni? Conte proseguirà con la stampella di un gruppo di “responsabili”? Destinati a durare quanto? Un anno? Due? Fino a fine legislatura? E se non se la caverà cosa accadra?
In un Paese normale, dicevamo, si andrebbe a votare. Viceversa in Italia – al netto di un certo attaccamento alla cadrega da parte di chi è finito in Parlamento con le ultime elezioni – sembra che ridare la parola ai cittadini rappresenti una scelta azzardata, non un necessario passaggio previsto dalla vita democratica del Paese. Come mai? Le ragioni sono tante. La prima, l’abbiamo detto, ha a che fare con la compagine governativa: deputati e senatori dicono che scatenare l’instabilità nel Paese in un momento oscuro come quello che stiamo attraversando sarebbe poco responsabile. E, in effetti, non è che abbiano tutti i torti. Ma allora, ci si chiede, perché scatenare la crisi? Non sarebbe stato meglio sopportarsi ancora un po’ e cercare di far passare la nottata. È anche vero, come scriveva Roncone sul Corriere della Sera qualche tempo fa, che più di un deputato al governo si è ritrovato “miracolato” dall’elezione e l’idea di perdere onori, vantaggi e prebende che difficilmente potrà riguadagnare, non è particolarmente allettante. Perciò a Roma faranno di tutto per mantenere lo status quo e non andare a casa.
C’è, però, al di là di queste piccole viltà di palazzo, un grave sospetto che aleggia a Roma. Pare – e questo lo dicono i sondaggi – che, in caso di elezioni, Lega, Fratelli d’Italia e pure un’eventuale partito dell’attuale premier farebbero la parte del leone. Il tema è che i voti che Conte potrebbe portare in dote in un’eventuale alleanza di governo col PD non basterebbero probabilmente a sanare la debacle che ci si aspetta dal Movimento Cinque Stelle. L’Italia finirebbe insomma per essere guidata da un governo di centrodestra, a forte trazione salvaniana-melonania. Una prospettiva che pare non garbare particolarmente a Merkel e soci che starebbero già lavorando per far passare un velato messaggio: un governo simile non sarebbe gradito, potremmo riprenderci i soldi del Recovery fund.
Sembra fantapolitica, ma se ci ricordiamo in che modo Berlusconi è stato disarcionato da palazzo Chigi – a colpi di spread – a favore di Monti, forse qualcosa di vero nella voce che corre in questi giorni potrebbe anche esserci.













