Ernesto Preatoni, il fondatore di questo blog, Un’Europa diversa, sabato, nel suo editoriale su Libero, è tornato sul tema del blocco degli sfratti, sospesi causa a causa dell’epidemia e mai più ripristinati in Italia. Un fatto che, secondo Preatoni, è la prova di un problema che da anni allontana gli investitori e le imprese dal nostro Paese: la mancanza di certezza (e di celerità) del diritto in Italia. Riproponiamo l’articolo sul nostro blog.
Come molti lettori sanno, ho passato gran parte della mia vita imprenditoriale fuori dall’Italia: Stati Uniti, Paesi Baltici, Egitto, Russia, Dubai. Alla luce di quest’esperienza, negli ultimi dieci e passa anni mi è stato chiesto – un’infinità di volta – cose si dovrebbe fare per aumentare l’attrattività dell’Italia nei confronti degli investitori esteri. Finisco quasi sempre per rispondere che bisognerebbe lavorare per aumentare la certezza del diritto nel nostro Paese.
Il più delle volte, quando fornisco questa risposta, vedo passare il vuoto nello sguardo del mio interlocutore. Proviamo allora, con una notiziola pubblicata giovedì proprio sulle pagine di questo giornale – perché è passata in secondo piano su altre testate? – a rendere, attraverso fatti sarebbero sufficienti a far scoppiare una rivolta in un Paese come la Francia, più tangibile la mia risposta. Giovedì scorso Fausto Carioti raccontava che i giudici della Corte Costituzionale erano stati chiamati a decidere sulle case tenute in ostaggio, da quasi due anni, da inquilini morosi che si sono avvalsi delle agevolazioni previste dai decreti di emergenza collegati al Covid per non pagare l’affitto. È un tema che tengo d’occhio dato che, da quando ho questa rubrica su Libero, ho ricevuto diverse mail e segnalazioni disperate sul mio blog di diversi proprietari di case, tutt’altro che ricchi, che – dopo aver perso il lavoro a propria volta a causa della pandemia – campavano affittando una casa ereditata e da oltre un anno e mezzo, oltre a non percepire il becco di un quattrino, si ritrovano a dover pagare una follia di tasse sulla seconda casa. Parliamo di gente disperata.
Come racconta Carioti un primo decreto, varato dal governo giallorosso ed entrato in vigore il 17 marzo 2020 aveva sospeso gli sfratti degli immobili (“anche non ad uso abitativo”) dovuti al mancato pagamento dell’affitto ed altre ragioni, al 30 giugno di quest’anno. Di proroga in proroga, il governo ha poi esteso al 30 settembre 2021 la sospensione degli sfratti decisi tra il 28 febbraio 2020 e il 30 settembre 2020 e addirittura al 31 dicembre quella degli sfratti decretati nei nove mesi successivi. Si tratta di un vero e proprio divieto di liberazione di immobili occupati abusivamente che dura da 583 giorni e non è ancora finito. Si può andare al ristorante e allo stadio, ma non si può tornare in possesso del proprio immobile, anche se l’inquilino ha smesso di pagare da anni e un tribunale lo ha riconosciuto.
A quel punto due giudici, a Trieste e a Savona hanno chiesto alla Consulta se tali provvedimenti violino la Costituzione all’articolo 47 e in altre parti. Il giudice triestino avrebbe fatto presente che il blocco ha riguardato situazioni che nulla hanno a che vedere con l’emergenza sanitaria, come le morosità nel pagamento dei canoni di locazione anteriori al manifestarsi della pandemia. Simili le riflessioni del giudice di Savona. La Corte Costituzionale ha semplicemente risposto di no, alla luce del fatto che il governo starebbe attenuando l’applicazione della sospensione degli sfratti, che sarebbe comunque destinata a scadere alla fine dell’anno. Da mettersi le mani nei capelli.
Quando dico che in Italia non c’è certezza del diritto mi riferisco proprio a questo. Viviamo in un Paese dove le sentenze per i procedimenti civili hanno tempi biblici e dove un governo può permettersi di sospendere il diritto alla proprietà privata sulla base di un assunto: i proprietari possono permettersi di perdere dei soldi, gli affittuari no. Se poi i proprietari stanno in una fascia debole e gli inquilini sono degli approfittatori, questo non è un problema. Dai tempi del reddito di cittadinanza abbiamo inaugurato un’epoca di panem e circenses che punta – questo lo credo da tempo – a tentare di anestetizzare il mal contento generalizzato dei più poveri, che sono sempre di più. Si tratta, secondo me, di un tentativo vano, le proteste di Trieste – fatte da lavoratori e famiglie, e non da bande armate di anarchici – sono lì a testimoniarlo.













