Le contraddizioni cominciano a emergere. Mentre il governo vive ore di fibrillazione (forse di agonia) e lo spread torna a galoppare, il ministero delle Finanze comunica i dati sul Fisco. Si scopre che le entrate tributarie sono in aumento del 4% (12.343 milioni). Un risultato che andrebbe molto bene con l’economia al galoppo. Assai meno giustificabile, come osserva Nicola Saldutti su “Il Corriere della Sera”,  considerando che siamo in piena recessione e il Pil è visto in discesa del 2,5%.

La composizione del gettito svela la contraddizione e, contemporaneamente, il fallimento della politica di austerità. Il gettito dell’Iva (87.190 miliardi) si è ridotto del 2% (1.781 miliardi) nonostante l’incremento dell’aliquota dal 20 al 21%. La contrazione conferma la caduta dei consumi che rappresentano il motore della produzione. Se la domanda di beni e servizi diminuisce  non c’è nessuna speranza di ripresa per occupazione e investimenti. Sarà un Natale di stagnazione e l’anno nuovo comincia sotto il segno dei corvi. Aumentano poco anche Ire e Ires (rispettivamente le imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società) a conferma del rallentamento dell’economia.

L’incremento più sostanzioso viene dall’Imu che, con un gettito di 4.007 milioni, ha fatto segnare un passo avanti gigantesco del 32%. La conclusione è molto semplice: per pagare la patrimoniale sulla casa, gli italiani, rimasti sostanzialmente a reddito invariato, hanno drasticamente tagliato la domanda:  prima di tutto  quella di auto e di beni durevoli. Da ultimo anche la spesa alimentare. La Confcommercio stima che, con l’Imu, la pressione fiscale arriverà al 45,2%. In termini più semplici vuol dire che fino al 28 giugno di ogni anno gli italiani lavorano per alimentare il fisco. Ovviamente hanno sempre meno voglia di andare per negozi.

Come non giustificare l’allarme lanciato dalla Cgia di Mestre: «Il quadro generale è molto pesante: dall’inizio del 2012, la contrazione dei prestiti bancari erogati alle imprese è stata di 26,7 miliardi di euro (-2,7%), mentre le sofferenze in capo al sistema imprenditoriale sono aumentate di 8,7 miliardi di euro (+10,9%).  Se consideriamo che la produzione industriale è scesa del 6,5% e gli ordinativi del 10,4%, appare evidente che la situazione in capo alle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, è peggiorata drammaticamente».

Da qui l’allarme per le tredicesime: «Date le scadenze fiscali previste per il mese di dicembre, e la stretta creditizia che ha ridotto la liquidità a disposizione delle imprese, molti piccoli imprenditori, per onorare gli impegni con il fisco, saranno costretti a posticipare il pagamento delle tredicesime, mettendo in difficoltà, loro malgrado, le famiglie dei propri dipendenti».

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La Redazione

 

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