Sabato scorso, sulle pagine di Libero, il fondatore di questo blog, Ernesto Preatoni, ha pubblicato un interessante editoriale dedicato alle voci secondo cui i commissari europei, a Bruxelles, starebbero discutendo dell’opportunità di concedere ai Paesi UE più colpiti dal Covid di cancellare i debiti contratti durante il periodo della pandemia. Se la notizia fosse confermata, significherebbe che la tenuta dell’Unione è veramente a rischio.
Fino a qualche giorno fa pensavo che la speranza dei mercati e dei governi fosse tutta riposta nell’inflazione. La Banca Centrale degli Stati Uniti, del resto, già a settembre, aveva totalmente rinunciato al compito di “governare” l’inflazione, al contrario, aveva cominciato a considerarla una sorta di cura per il grande male che sta attanagliando l’economia Usa ai tempi del Covid.
“Nello specifico, la Fed scioglie il dogma del tetto del 2% dell’inflazione obiettivo, sostituito con l’Average Inflation Targeting (AIT) – ho letto qualche tempo fa in un report di Prometeia che mi fa piacere citare –: il tasso potrà oscillare sotto e sopra il 2% a patto di tendere, nel medio periodo, al valore target. Sul mercato del lavoro invece, la Fed agirà solamente in caso di una caduta del tasso di occupazione dal suo livello massimo e non più rispetto a “deviazioni” (positive o negative). Nessun vincolo quindi al superamento del livello di piena occupazione, purché l’inflazione rimanga sotto controllo.
In sostanza Powell e i suoi, alla Fed, hanno iniziato a pensare che dopo quattro decadi di politica economica finalizzata alla stabilità del tasso di crescita dei prezzi, si possa ammettere che un mercato del lavoro solido può essere sostenuto senza causare l’esplosione dell’inflazione. Non solo: un certo livello di inflazione è l’unica cura che potrà tentare di erodere l’enorme debito pubblico che si sta accumulando nei bilanci degli Stati, a causa delle misure di sostegno all’economia vessata dalla pandemia. Negli ultimi giorni, però, nemmeno il “compratore di ultima istanza” sembra bastare più. La seconda ondata di Covid sembra essere ancora peggiore di quanto ci si aspettasse. Pare che la situazione sia così grave che i Commissari Europei a Bruxelles starebbero pensando di permettere ai Paesi più colpiti di cancellare i debiti contratti con la Ue durante la pandemia.
“E Christine Lagarde sarebbe d’accordo, anche perché l’idea verrebbe da Parigi. La notizia sarebbe evidentemente una bomba, ma per ora tutti negano, Eurotower compresa – scriveva qualche giorno fa Marcello Bussi sul sito di Milano Finanza –-. È vero invece che poco più di dieci giorni fa la stessa numero uno della Banca centrale europea aveva escluso categoricamente l’ipotesi: “Chiedere alla Bce di cancellare debito pubblico sarebbe come chiedere di violare i Trattati europei e penso che un punto su cui bisogna martellare di fronte a queste richieste è che i debiti vanno ripagati”. La domanda gli era stata posta durante un’audizione congiunta per teleconferenza con le Camere dei deputati di Francia e Germania. Ma è anche vero che nessuno si aspettava una seconda ondata del Covid così violenta.”
La Germania non sarebbe d’accordo in linea di principio: potrebbe però farsene una ragione se l’alternativa fosse una deflagrazione dell’area euro che tanto bene ha fatto ai conti di Berlino e al suo marco svalutato in Euro. Come dico da tanti anni, sic stantibus rebus, l’Europa è destinata ad esplodere: il Covid sta solo accelerando il processo. Se a Bruxelles si convincessero ad azzerare i debiti dei Paesi più colpiti, forse il carrozzone si potrebbe salvare. Per riuscirci però dovrebbero avere il consenso di tutti i Paesi Europei, cosa che potrebbe avvenire solo riducendo il debito di tutti gli Stati in maniera proporzionale. Se così si facesse, questo rappresenterebbe lo stravolgimento totale di tutte le teorie economiche.













