L’Italia torna a essere un Paese di emigranti. Un effetto collaterale della crisi economica come spiega la Fondazione Ismu, la filiazione della Cariplo che si occupa di studiare i movimenti multietnici. Il XVIII Rapporto presentato oggi offre lo spaccato di un Paese in grande difficoltà: non a caso non attrae più immigrazione bloccando un trend che si era cominciato a manifestare in maniera massiccia già vent’anni fa (come dimenticare la nave Vlora carica di ventimila albanesi disperati che l’8 agosto 1991 attracca al porto di Bari fra lo sgomento e la sorpresa generale?).
Nel frattempo crescono gli italiani residenti all’estero (+9%). Le grandezze si equivalgono: gli immigrati regolari sono 5,43 milioni e i connazionali che lavorano fuori 4,2 milioni. Quello che cambia è la qualità: importiamo manovalanza a “basso valore aggiunto” in termini di competenze formative e fasce marginali di manodopera. Di contro l’Italia esporta cervelli di standard elevato la cui formazione ha avuto costi molto elevati sia per la famiglia che per la collettività. Importiamo valigie di cartone ed esportiamo sacche di Gucci o Vuitton. La salute di un’economia si misura anche da questi dettagli.
Non solo: l’assenza di crescita ha inaridito anche i flussi d’immigrazione verso il nostro Paese. Smettiamo di essere “Lamerica” (dal titolo del fortunato film di Gianni Amelio) per tanti disperati che vengono da est e da sud. Siamo un paese che offre sempre meno opportunità per i ragazzi più preparati.
I numeri della Fondazione Ismu sono precisi: al primo gennaio 2012 erano solo 27mila le presenze straniere aggiuntive dopo che il 2010 si era saldato con un modesto aumento di 69 mila persone. Un crollo rispetto al 2008-2009, quando gli incrementi annui erano dell’ordine di 500mila persone. Nonostante il rallentamento dell’ultimo biennio, in prospettiva il numero dei residenti stranieri è destinato ad aumentare fino a raggiungere un’incidenza del 18% nel 2041 dall’attuale 8%, con un forte incremento degli anziani e delle annesse incognite per il welfare.
Oltre alla battuta d’arresto dell’immigrazione, almeno per motivi di lavoro, il 2011 ha anche registrato un aumento del 9% degli italiani emigrati (50mila) a un totale di 4,2 milioni, numero non così lontano da quello dei residenti stranieri.
Nonostante la crisi, il livello di occupazione degli stranieri ha continuato a crescere al contrario di quello degli italiani, con la creazione di 170mila posti di lavoro “a basso valore aggiunto” lo scorso anno. È tuttavia il loro tasso di disoccupazione, salito al 12,1% dall’11,6%, ad evidenziare il peggioramento del mercato del lavoro anche per gli stranieri. Chi è già in Italia, peraltro, contribuisce all’aumento demografico: i minori extracomunitari salgono al 24% dal 21,5% e quelli nati in Italia, in base ai dati 2012, erano ormai 500mila.
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