Eravamo un popolo laborioso, caratterizzato da un’elevata propensione al risparmio, basso indebitamento e diffusa proprietà di almeno una casa. Eravamo. La crisi economica (prima) e il Covid (poi) ci hanno trasformato in cittadini che magari un lavoro lo vorrebbero – e che, se sono stati fortunati, hanno ottenuto il reddito di cittadinanza –. Che non riescono più a risparmiare e che sono pieni di debiti. Della prima casa non parliamo proprio: comprarla, in queste condizioni, è una chimera. Chi lo dice? Non noi, ma l’Istat che ha appena presentato il Rapporto Bes per la misurazione del Benessere equo e sostenibile nel decennio.

E cosa dice il signor Bes? Dice che tra il 2018 e il 2019 in un Paese – pur acciaccato dalla cura Europea sulla nostra economia – qualche segno di ripresa si iniziava a vedere. Poi è arrivato il Covid: “lo scoppio della pandemia ha colpito il sistema economico italiano in forme e intensità allarmanti e imprevedibili – racconta il sito Affari Italiani –. Il crollo dei livelli di attività economica ha avuto effetti negativi sul reddito, sul potere d’acquisto e soprattutto sulla spesa per consumo. L’aumento della povertà si è concentrato su alcuni segmenti di popolazione e su alcuni territori. La stima preliminare per il 2020 identifica oltre 5,6 milioni di individui in condizione di povertà assoluta in Italia, con un’incidenza media pari al 9,4%, dal 7,7% del 2019: si tratta dei valori più elevati dal 2005.”

La povertà è cresciuta in particolare nel Nord Italia, dove il Covid ha fatto man bassa, e ha colpito soprattutto le famiglie con bambini: la percentuale di poveri assoluti passa dal 6,8% al 9,4% degli individui; più contenuta, invece, la crescita al Centro (dal 5,6% al 6,7% degli individui) e nel Mezzogiorno (dal 10,1% all’11,1%). A patire di più sono le famiglie con bambini e ragazzi: l’incidenza di povertà tra gli individui minori di 18 anni sale di oltre due punti percentuali (da 11,4% a 13,6%, il valore più alto dal 2005) per un totale di 1 milione e 346mila bambini e ragazzi poveri, 209mila in più rispetto all’anno precedente.

“Nel 2020, il 28,8% delle famiglie ha dichiarato un peggioramento della situazione economica familiare rispetto all’anno precedente, dal 25,8% del 2019. Tale deterioramento ha interessato il 30,5% delle famiglie nel Centro, il 28,8% nel Nord e il 27,7% nel Mezzogiorno – conclude Affari italiani –. A percepire una condizione economica in peggioramento sono state soprattutto le famiglie con 3 o più componenti, le persone sole sotto i 65 anni e le famiglie dove vive almeno un minore. Più tutelate le famiglie dove il grado di istruzione risulta più elevato, così come quelle composte da persone anziane, sia sole che in coppia, prosegue l’Istat.”

Insomma: Di Maio e soci la povertà non l’hanno affatto abolita (anzi). I primi atti del governo Draghi – l’aumento agli statali – fa pensare che a Roma si continui a pensare soprattutto a chi un reddito ce l’ha. E chi non aveva il posto fisso, cosa deve fare per superare l’emergenza?

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