Se pensavate che la Merkel fosse la faccia peggiore della Germania in Europa, vi siete sbagliati di grosso. Pensionata, o quasi, la cancelliera tedesca, il falco Jens Weidmann, il potente governatore della Bundesbank, si prepara a fare lo sgambetto all’Italia. La scusa è l’inflazione, la realtà è che spera di riuscire a convincere la Bce a non sostenere più il debito pubblico dei Paesi del Sud. Torna il rigore, insomma.
Qualche giorno fa, sulle pagine di Libero, l’ottima penna di Giuliano Zulin ha lanciato l’allarme: “Attenzione, attenzione. S’è svegliato Jens Weidmann, il potente governatore della Bundesbank. Da sempre considerato un “falco”, ovvero un profeta dell’austerity in casa Bce, ha passato gli ultimi anni a battagliare con Mario Draghi, quando l’attuale premier era il presidente della Banca Centrale europea. Il nostro varò, nonostante ricorsi in tribunale, il Quantitative Easing. Cos’è? La creazione di denaro dal nulla, stampare moneta, allo scopo di abbassare gli interessi sui titoli di Stato e di far dimenticare il problema spread. Draghi ha “inventato” circa 2.200 miliardi di euro. E il successore, Christine Lagarde, sta facendo altrettanto con il programma Pepp, Pandemic emergency purchase programme (programma di acquisto emergenziale di obbligazioni pubbliche e private), varato dopo lo scoppio della pandemia in Europa. Ecco, a Weidmann questo non sta più bene.”
Il governatore teutonico, primo azionista della Bce, l’ha spiegato qualche giorno fa: “Una politica monetaria espansiva è ancora appropriata. Ma non dobbiamo ignorare il rischio di un’inflazione troppo alta. In vista dell’incertezza esistente, non dovremmo bloccare troppo a lungo» la politica monetaria accomodante.” Da qualche settimana, spiega Zulin, è stato accertato che i prezzi al consumo sono saliti del 3% nell’Eurozona. Un punto sopra il fatidico 2%, considerato dai banchieri centrali come “sana inflazione”. «Nella mia opinione i rischi al rialzo attualmente sono predominanti – ha detto Weidmann – Se questi fattori temporanei dovessero portare a aspettative di inflazione più elevate e a un’accelerazione della crescita dei salari, il tasso di inflazione potrebbe aumentare notevolmente nel lungo termine». Per il numero uno della Bundesbank, quindi, la Bce dovrebbe prepararsi alla fine del suo programma di acquisti di emergenza pandemica (Pepp) poichè l’economia è ora in piena espansione e l’inflazione è in aumento. «La prima P in Pepp sta per pandemia, non permanente, e questo per una buona ragione», ha precisato riferendosi al programma di acquisti portato avanti dalla Bce che dovrebbe concludersi nella migliore delle ipotesi il 31 marzo 2022.
Ora – è il ragionamento di Weidmann – dal momento che gli acquisti non dovrebbero essere terminati bruscamente, la Bce dovrebbe gradualmente ridurli anche prima di segnalarne la fine. Dunque a breve. Stranamente, le parole del “falco” non hanno rovinato la festa sui mercati. Sì, Piazza Affari ha rallentato la corsa, tuttavia lo spread fra Btp decennali e i corrispettivi Bund non ne ha risentito. Come mai? I tedeschi non contano più nulla? In realtà sono stati i titoli teutonici a risentirne, però va detto che non fanno nemmeno testo, dato che il prezzo di un Bund decennale è a 175 (da 100 di partenza) e che gli interessi su questa obbligazione è negativa dello 0,37%. Una bolla incredibile, che prima o poi scoppierà. Ma chi ha voglia di farla scoppiare?













