Pubblichiamo integralmente l’articolo uscito sabato, sulle pagine di Libero, di Ernesto Preatoni, fondatore di questo blog, che commenta, senza mezzi termini il teatrino di Roma. La battaglia che si è scatenata tra il presidente del Consiglio, Conte, e gli esponenti di Italia Viva dimostra che questo Paese non si smentisce proprio mai. Nel momento più buio dal Secondo Dopoguerra a Roma pensano solo a litigare per le poltrone.

Siamo un Paese che non si smentisce proprio mai. Anzi, diciamo la verità: facciamo abbastanza ridere. Lo dico con la morte nel cuore. Come ha voluto notare qualcuno – che, pure, sta seduto a Roma e occupa uno di quegli scranni dai quali il Paese dovrebbe vedersi garantita una guida lungimirante – con 500 morti al giorno, ospedali strapieni e una delle peggiori crisi economiche e sociali vissute dall’Italia dal Secondo Dopoguerra, qui il problema principale da un paio di giorni a questa parte è diventata la crisi di governo. Ma vergognatevi.

Peraltro, il governo che sarà – oppure quello successivo, visto che, qui in Italia, i governi nascono come i funghi – dovrà, presto o tardi, confrontarsi con una bomba a orologeria. E che a Roma non vedono, oppure che fanno finta di non vedere: parlo della voragine che si sta aprendo tra tutti quelli che possono far conto su uno stipendio fisso e sicuro (in primo luogo i dipendenti pubblici, che nel nostro Paese mai hanno brillato per produttività e che con lo smart working sembrano aver trovato la pace dei sensi) e chi, invece, ea abituato a produrre reddito e, magari, con una buona dose di coraggio, a creare posti di lavoro. Parlo degli imprenditori, delle partite Iva, degli autonomi. Tutti quelli che, con un atto di eroismo (e anche una certa dose di masochismo) si sono messi in testa di assumersi un rischio di impresa in un Paese, l’Italia, che non ha mai amato gli imprenditori. E che si è dotata di un apparato burocratico (i dipendenti pubblici), finanziario e fiscale che non mi pare abbia mai fatto niente per agevolare chi si è spaccato le reni e la testa su un business plan.

L’epidemia e i vari lockdown che ne sono seguiti sono diventati e continuano ad essere la causa e, in certi casi, anche la scusa per il Paese per non funzionare. La vita di interi settori è stata letteralmente congelata e qui un motivo lo possiamo pure trovare: vieto alle persone di andare al ristorante per ridurre le occasioni di contagio. Qualcuno, però, mi dovrà un giorno spiegare perché sia vietato l’asporto ai ristoranti dopo le 18.00. E se la vita di alcuni settori è stata letteralmente congelata, non parliamo della nascita e della morte. Giusto un paio di giorni fa parlavo con un paio di giovani imprenditrici wannabe: sono sei mesi che tentano di far partire un’azienda che dovrebbe vendere abiti attraverso il canale digitale. Ci hanno impiegato, e non certo per colpa loro, a farsi aprire il conto corrente dell’azienda in banca e ancora attendono una serie di risposte dalla Camera di Commercio. “Colpa del Covid”, si sono sentite rispondere dall’una e dall’altra parte.

Quanto alla morte delle aziende (anche gli spazzini sono necessari nella savana del libero mercato), anche quella è stata congelata. C’è un fiorente settore in Italia, quello degli operatori e delle banche specializzate nello smaltimento dei crediti deteriorati collegati alle aziende fallite, che nel 2020 si aspettavano affari d’oro, ma che probabilmente vedranno i propri conti zavorrati dal Covid. I tribunali non lavorano. Colpa del Covid. Come se, nel 2020, istruire un procedimento civile per via telematica fosse rocket science: eppure non mi pare che dai nostri tribunali partano razzi diretti sulla Luna.

Qui si continua a distrarre l’attenzione delle persone dai veri problemi del Paese. Che sono le imprese, che devono continuare a subire uno stato di emergenza in cui non possono licenziare. E i privati, che non possono sfrattare, ma che si devono tenere gli inquilini morosi a tempo indeterminato. E gli imprenditori che non possono lavorare. Per la ora la strategia di continuare a mandare la palla in tribuna regge. Ma quando la campagna vaccinale – un giorno – sarà conclusa e il Covid derubricato a banale influenza, a quel punto, la marea si ritirerà e, in quel momento, si vedrà chi nuotava nudo. Quello secondo me sarà il momento in cui assisteremo alla vera crisi di un Paese dove non esiste più un patto sociale. Perché se non si vive insieme, si muore da soli.

facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmailfacebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail