Il fondatore di questo blog, Ernesto Preatoni, ha dedicato l’editoriale di sabato, sul quotidiano Libero, alla staffetta tra il governo Conte e il nuovo esecutivo di Mario Draghi, sostenuto da quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento. “Più che provare a ragionare sul valore, indiscusso, del nuovo Presidente del Consiglio, dovremmo forse provare ad analizzare i motivi per cui l’Italia lo ha scelto come leader: le ragioni sono, due. La prima: il Recovery Fund. La seconda: il piano vaccinale”, scrive Preatoni. Per il quale Draghi sarebbe stato scelto soprattutto per le sue competenze nel gestire i fondi europei, che, però, rischiano di essere il cavallo di Troia per una nuova Troika di Bruxelles a Roma.

“Credo che Mattarella – dopo tutti i balbettii e passi falsi fatti dal governo Conte (non me ne voglia Casalino) – non se la sentisse di avvallare un Conte Ter, che avrebbe dovuto gestire la trattativa con l’Europa per ottenere la modica cifra di 209 miliardi di aiuti stanziati da Bruxelles – scrive Preatoni –. Una cifra enorme, per carità, che vale diverse manovre economiche. Quei 209 miliardi sono purtroppo una goccia nel mare di debiti in cui si è dovuta seppellire l’Italia per cercare di far fronte all’emergenza Covid. Lo spiegava bene, qualche settimana, Fabio Tamburini sulle pagine del suo Sole 24 Ore: ‘Due numeri fotografano bene l’eredità lasciata dal governo Conte. Il primo è 160 (più precisamente 158,5), il rapporto percentuale aggiornato, anche se non ancora ufficiale, tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Il secondo è 427 miliardi di euro, il deficit aggiuntivo derivante dagli scostamenti di bilancio, calcolati fino al 2026, che sono stati approvati nell’ultimo anno per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Sono numeri da brivido che sarà bene non dimenticare e che, soprattutto, dovrà ricordare bene il mondo della politica.’”

Secondo Preatoni i 209 miliardi di aiuti sono la metà solo del deficit aggiuntivo collegato agli scostamenti di bilancio: una goccia nel mare. Il Next Generation Fund non è il piano Marshall e il motivo è presto detto. L’erogazione di ciascun centesimo sarà condizionata da una serie i criteri di valutazione ciascun piano nazionale presentato da ciascun Paese. Bruxelles, sulla base dell’analisi di questi piani, emetterà una sorta di pagella, con la quale ciascun candidato sarà valutato in 11 differenti materie: per ciascuna materia ci sarà un voto che andrà da “A” a “C”, ma, attenzione, per quattro di queste materie d’esame solo il giudizio “A” consentirà l’ammissibilità dell’intero piano. Per finire, in nessuna materia è ammesso il voto C, a pena di bocciatura.

“E già qui, si incomincia a vedere l’inghippo – spiega Preatoni –, che, secondo me, ha perfettamente descritto Giuseppe Liturri in una bella analisi sulle pagine di Start Magazine: ‘Il piano dovrà anche spiegare come intende affrontare problemi come la composizione della spesa pubblica e la sostenibilità di lungo termine del debito pubblico. In una parola: il sogno proibito per gli euroburocrati di Bruxelles che per anni hanno tentato di infilare l’Italia in quel tunnel. Ora tale sogno è su un piatto d’argento come condizione essenziale per l’approvazione del Recovery Plan. Le linee guida specificano che attualmente ci sono 12 Stati membri (tra cui l’Italia) sotto esame approfondito e proprio essi devono accuratamente spiegare come il piano risolverà i problemi ivi evidenziati. Naturalmente, per l’Italia parliamo del rapporto debito/PIL.’”

“L’Europa mi ha stupito, finalmente ha messo dei soldi sul piatto per provare a sostenere l’economia dell’Unione in un momento di criticità – conclude Preatoni –. Temo, però, che Bruxelles, ancora una volta, sia caduta nella tentazione di utilizzare quei denari – che, in definitiva, non sono una montagna – per tornare a condizionare le politiche economiche dei Paesi membri considerati “cicale”, come il nostro.”

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