Più di duecento persone mercoledì pomeriggio hanno partecipato alla presentazione del Manifesto “Una scelta diversa è possibile”. La sala del Circolo della Stampa piena e pubblico nei corridoi. Ovviamente come speriamo che il numero degli aderenti continui a crescere: il nostro obiettivo è raggiungere un numero di firme così grande da non poter essere ignorato.
A moderare il dibattito il direttore di Libero, Maurizio Belpietro che ha sposato le ragioni del movimento. Sul suo giornale non risparmia certo le critiche alla politiche tutta intrisa di lacrime e di sangue avviata da Monti. In effetti i risultati finora sono stati largamente inferiori alle attese. Solo lo spread, almeno per il momento, ha dato segnali di cedimento: era a 550 punti un anno fa. Adesso veleggia intorno alla soglia di 320. Ma a quale prezzo è stato raggiunto questo risultato? Lo hanno spiegato bene i due ex ministri presenti: Giuliano Urbani, professore emerito dell’Università Bocconi, e l’economista Paolo Savona in collegamento da Roma. Ma soprattutto da Princeton il Premio Nobel per l’Economia del 2008, Paul Krugman che è anche il primo firmatario del manifesto.
Il bilancio del governo è fortemente negativo sul piano finanziario visto che il debito pubblico ha raggiunto il tetto più alto di tutti i tempi a duemila miliardi. Nel frattempo è sceso il Pil del 2,4% e la disoccupazione è tornata sopra il 10%. Ma soprattutto preoccupa il calo dei consumi scesi del 4,2%. Passi ancora per la forte contrazione delle spese per i trasporti visto il boom della benzina. Ma quello che deve sicuramente preoccupare è la discesa dei consumi alimentari (-5,7% in quantità). Insomma gli italiani, costretti a pagare l’Imu, l’ Iva al 21% e i ticket imposti dal governo hanno cominciato a tagliare sullo scontrino al supermercato.
La strada indicata da Paolo Savona per far ripartire consumi e investimenti è quella della monetizzazione del debito convincendo la Bce a stampare moneta. E se la resistenza dei tedeschi lo impedisse? “Con dolore – ha spiegato l’economista – dico che il governo italiano dovrebbe preparare il piano B che prevede l’uscita dall’euro”. Certo una soluzione estrema e non priva di interrogativi. Tuttavia la forza del nostro sistema produttivo consentirebbe di reggere il colpo rilanciando il Made in Italy. Certo la scomparsa della moneta unica non sarebbe un ballo di gala: “L’inflazione volerebbe al 30% per poi stabilizzarsi intorno al 20%”. Un valore molto elevato. “Ma sono dinamiche che l’Italia ha già conosciuto negli anni ‘80”.
Meno catastrofiche le previsioni di Paul Krugman Anche lui convinto che solo l’inflazione potrà risolvere il problema del debito pubblico. Immagina un’Europa a due velocità: l’Italia con un’inflazione fra l’1 e il 2% e la Germania che viaggia fra il 3 e il 4% “tenendo conto dei differenziali di produttività fra i due Paesi”.
Il premio Nobel non ha lesinato critiche alla Germania che con la sua politica di austerità sta mettendo in difficoltà non solo l’Europa ma tutto il mondo. Secondo uno studio presentato al Congresso l’avanzo di parte corrente della Germania sarebbe del 6,3%. Vuol dire che i tedeschi si stanno arricchendo alle spalle degli altri partner E’ l’ora, secondo Krugman, che i teschi facciano la loro parte restituendo all’Europa un po’ di ricchezza. Quindi dovrebbe aumentare salari e pensioni facendo crescere la qualità della vita dei suoi cittadini. La rivalutazione dei costi tedeschi renderebbe più competitive le altre economie, a cominciare dall’ Italia. Come prezzo da pagare l’innalzamento dell’inflazione: ma oggi è talmente bassa che se anche dovesse raddoppiare non sarebbe certo un problema.













