Niente tapering: per ora la Bce ha deciso di non ridurre lo stimolo monetario. A Roma, però, Draghi e soci sanno che il tempo sta scadendo e ci sono solo due alternative: o la Germania continua ad accettare una politica monetaria accomodante da parte della BCE, imponendo però un prezzo altissimo all’Italia, in termini di disciplina di bilancio e di riforme; oppure la BCE comincia a tirare i remi in barca con gli acquisti, scatenando la tempesta perfetta sul mercato dei titoli pubblici ed imponendoci il soccorso del MES. Comunque vada per l’Italia non ci saranno più pasti gratis.
“Quando si parla di Italia e del suo debito pubblico, nonostante agosto sia ormai alle spalle, la temperatura comincia a salire tra Bruxelles e Francoforte. Oggi dall’Eurotower dovrebbero giungere le prime indicazioni circa le intenzioni del consiglio direttivo della BCE relativamente al programma straordinario di acquisto di titoli pubblici (PEPP) lanciato a marzo 2020 – scrive oggi Giuseppe Liturri su Start Magazine –. Da giorni sono ormai in corso le manovre di posizionamento dei “falchi” e delle “colombe” e i segnali di nervosismo sono tangibili. I primi, davanti ai precoci segnali di ripresa dell’economia nel secondo trimestre, vogliono ridurre gli acquisti, fino al punto di non utilizzare l’intero plafond disponibile di 1.850 miliardi. I secondi avvertono che è prematura ogni riduzione e che i segnali di ripresa dell’inflazione sono del tutto transitori.”
Segnali di nervosismo, secondo Liturri, giungono anche dal resto della Germania. Uno studio del prestigioso centro di ricerche ZEW, accusa in modo abbastanza esplicito i membri del consiglio Bce ed i governatori della banche centrali nazionali provenienti dai Paesi ad alto rapporto debito/PIL, di spingere verso il proseguimento del Quantitative Easing ancora a lungo. Perpetuando così la “dominanza fiscale” costituita dalle scelte di indebitamento e di emissione titoli di alcuni Paesi (Italia in testa) che si cullano sul cuscinetto costituito dagli acquisti di Francoforte. Il commentatore del Daily Telegraph, Ambrose Evans-Pritchard, ha subito ripreso lo studio tedesco, parlando esplicitamente del pericolo che corrono le quotazioni del debito pubblico dei “Paesi del sud” (Francia inclusa, e non è né una sorpresa, né un caso) nel momento in cui la Bce rallentasse gli acquisti. I mercati reagirebbero con un rialzo dei tassi molto pericoloso per la sostenibilità del debito e sarebbero messi a nudo tutti i difetti strutturali dell’eurozona: l’assenza di una vera unione fiscale dei trasferimenti e di un’unione bancaria.
“A Roma si preparano a mettere i sacchetti di sabbia a protezione delle trincee, perché in ogni caso non si prospetta nulla di buono per noi – conclude Liturri –: o la Germania continua ad accettare una politica monetaria accomodante da parte della BCE, imponendo però un prezzo altissimo all’Italia, in termini di disciplina di bilancio e di riforme; oppure la BCE comincia a tirare i remi in barca con gli acquisti, scatenando la tempesta perfetta sul mercato dei titoli pubblici ed imponendoci il soccorso del MES.”













