Giovanni Tria, ex ministro dell’Economia nel corso del primo mandato del premier Conte, qualche giorno fa ha rilasciato un’importante intervista sulle pagine del Sole 24 Ore, nel corso della quale ha criticato duramente le scelte economiche fatte dal Governo nel corso della pandemia provocata dal Covid-19 in Italia.
Nel corso della sua intervista, prima di tutto, Tria accusa il governo di non aver sfruttato una misura che avrebbe permesso al Governo di intervenire in maniera più efficace a sostegno delle imprese penalizzate dalle misure di lockdown: “Proponevamo di intervenire immediatamente con una misura di compensazione a fondo perduto per tutte le attività economiche che erano state bloccate d’imperio per salvaguardare la salute pubblica – spiega Tria –. La compensazione doveva essere commisurata alla perdita oggettiva subita rispetto al valore aggiunto nello stesso periodo dell’anno precedente e in misura tale da permettere all’impresa di sopravvivere affrontando i costi fissi e il pagamento dei dipendenti. L’Agenzia delle Entrate è in grado di misurare queste perdite. Si trattava di una misura efficiente perché non avrebbe messo in moto mille rivoli di spesa e mille procedure burocratiche connesse. Sarebbe stata una misura equa perché oggettiva e perché rispondente al principio che se le misure di chiusura erano a beneficio di tutti anche i costi dovevano essere a carico di tutta la collettività. Stimavamo che almeno 50 miliardi dovessero essere destinati a questo intervento e l’effetto di freno alla caduta dell’economia sarebbe stato immediato. A un intervento ancorato a questo principio di misurazione del danno furono destinati invece solo circa 6 miliardi, su oltre 100 miliardi di maggiore spesa prevista dagli scostamenti di bilancio approvati, sufficienti per compensare in misura minima, quasi simbolica, una ristretta platea di imprese e attività economiche.”
Questa misura è stata, effettivamente, implementata nelle politiche di sostegno attuate dal Governo Conte: il problema, sottolinea Tria, è che sono state stanziate risorse insufficienti affinché potesse diventare davvero efficace. “Non è un caso che oggi, con i “decreti ristoro”, si ricorra a quello stesso principio di compensazione a fondo perduto a favore di chi è nuovamente danneggiato, riconoscendo implicitamente che è, come lo era, il metodo più efficace e oggettivo – spiega Tria –. Ma lo si fa ancora una volta con imperizia, quasi senza consapevolezza dei problemi, perché le risorse stanziate sono ancora abissalmente insufficienti e ancorate a cifre e stime di aprile e non attuali. Ancora una volta i settori più colpiti riceveranno compensazioni per percentuali minime del danno, mentre è necessario coprirne la grande parte.”
In sintesi, secondo Tria, non vi è la consapevolezza né economica né politica che a fronte dei benefici attesi per tutti i cittadini derivanti dalle misure di chiusura non ci sarà una ripartizione conseguente dei costi che al contrario graveranno principalmente su alcune categorie di cittadini. E saranno costi rilevanti, perché le chiusure a macchia di leopardo, e per periodi differenti e imprevedibili, porteranno alla paralisi economica di interi settori, perché le filiere produttive e di consumo non sono circoscritte all’interno dei territori delimitati, per altri scopi, dal Cts.
L’intervista di Tria si chiude con una critica pesante alle misure previste da Gualtieri, l’attuale ministro dell’Economia: “L’espansione di bilancio pubblico necessaria per il 2021 deve essere molto più ampia di quella programmata con la Nadef ed il Documento Programmatico di Bilancio (deficit/Pil 7%) – conclude Tria –. L’Italia ha accesso ai mercati a tassi negativi fino alla scadenza di 5 anni e la Bce compra a piene mani sul mercato secondario, assorbendo quasi per intero le emissioni nette del Tesoro. Cosa aspetta Gualtieri? Che il Paese cada stremato e non si rialzi più?”













