La guerra in Ucraina fa paura alle riaperture, dopo il venerdì nero per i mercati finanziari europei: precipitano le Borse, vola il costo delle materie prime, gas e petrolio in particolare. L’escalation di guerra in Ucraina, dove i bombardamenti prendono sempre più di mira la popolazione civile, sta portando gli alleati a valutare interventi più duri dal punto di vista sanzionatorio. “Secondo i media internazionali – scrive questa mattina il sito del quotidiano La Repubblica –, gli Usa stanno spingendo (con o senza alleati) per adottare un blocco totale all’importazione di petrolio russo. Un’opzione che ha proiettato le quotazioni del greggio in rialzo, così come quelle del gas all’hub europeo di Amsterdam.”

Siamo dunque a un nuovo episodio dello sconvolgimento del mercato energetico globale, racconta oggi Raffaele Ricciardi sul sito di Repubblica: “Una delle maggiori incertezze è quanto e come l’escalation della guerra economica tra Russia e Ovest impatterà il flusso di petrolio e gas”, ha detto alla Bloomberg Victor Shum, vice presidente di IHS Markit, S&P Global.  “I membri NATO attualmente comprano più della metà dei 7,5 milioni di barili al giorno di greggio e prodotti raffinati che la Russia esporta e le scorte sono già basse negli Usa e a livelli minimi nei Paesi Ocse di Europa ed Asia”, ha aggiunto. “Le sfaccettate dimensioni di questa guerra porteranno a esiti inattesi”. Come ricorda Deutsche Bank nella sua nota d’apertura di giornata, la tensione sul petrolio deriva anche dal fatto che nel weekend sono sfumate le speranze di accelerare l’accordo sul nucleare con l’Iran, che avrebbe riportato un importante produttore a far fluire il suo greggio nel mercato globale.

Un assaggio della preoccupazione degli investitori è arrivato fin dalla mattina, con la Borsa di Tokyo che ha concluso la prima seduta della settimana in sostenuto calo, con l’indice di riferimento ai minimi in 16 mesi: il Nikkei ha ceduto il 2,94%, a quota 25.221,41, con una perdita di 764 punti. Anche le Borse cinesi hanno chiuso la seduta con pesanti perdite: l’indice Composite di Shanghai cede il 2,17%, a 3.372,86 punti, mentre quello di Shenzhen perde il 2,70%, attestandosi a quota 2.203,41. Sul fronte valutario, la corsa ai beni rifugio di questi giorni rafforza ulteriormente il dollaro. L’euro così cala ai minimi da giugno 2020 a 1,0877 contro il biglietto verde. La valuta unica si porta praticamente in parità con il franco svizzero, cosa che non accadeva dal 2015.

La stessa voglia di investimenti sicuri fa salire il lingotto d’oro con consegna immediata dopo aver toccato i 2.000 dollari l’oncia segna 1.980 dollari l’oncia con un rialzo dello 0,5%. Altre materie prime sono però in tensione, per ragioni che le legano alla Russia: Il rialzo maggiore è del Nichel che ha visto un balzo del 16%. In tensione anche l’alluminio (+2%) e il rame (+3%). Corre il palladio che sale del 5,2 percentuali attorno ai 3.137 dollari all’oncia. L’incertezza, insomma, fa male ai mercati: alla fine, come al solito, a pagare saranno sempre i poveri, ovvero i più deboli.

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